Giulia Cecchi, studentessa di biologia marina alla Bangor University, racconta la sua esperienza al Worldrise Conservation Campus, facendoci vivere in prima persona tutte le emozioni e le attività del camp.
Il Worldrise Conservation Campus nasce dall’idea di fornire a studenti e neolaureati in discipline scientifiche conoscenze pratiche professionali, per supportare la loro carriera nella conservazione dell’ambiente marino. Il corso è strutturato in una settimana durante la quale vengono trasmesse nozioni teoriche e pratiche, per apprendere tecniche di studio e monitoraggio dell’habitat marino-costiero. Le attività sono incentrate sulla conoscenza e l’analisi di praterie di Posidonia oceanica, habitat biogenici, metodi di studio dei popolamenti algali di scogliera, fotogrammetria, e foto identificazione per il monitoraggio dei delfini.
La location del campus è Golfo Aranci, zona di protezione speciale (ZPS) e Sito di Interesse Comunitario (SIC) a nord-est della Sardegna. Soprannominato “Il Golfo dei Delfini”, l’area è estremamente ricca di biodiversità marina e nota per essere una residenza per il delfino tursiope (Tursiops truncatus). Dal 2014, infatti, Worldrise è impegnata a Golfo Aranci con iniziative che mirano a regolamentare le attività turistiche di dolphin watching, a divulgare informazioni di base sulla conoscenza della specie Tursiope e a raccogliere dati scientifici sulla distribuzione della popolazione all’interno del Golfo. Il contributo dei partecipanti al Campus funge anche da raccolta di informazioni aggiuntive destinate allo studio dell’habitat marino-costiero del golfo e all’individuazione di una possibile area di nursery per il tursiope.

La vista su Golfo Aranci dalla cima del monte Ruju – foto di Timothy Rossi
Diario di bordo
Partecipare al campus è stata un’esperienza a dir poco formativa e la quantità e qualità degli insegnamenti ricevuti sono state decisamente più abbondanti di ogni qualsiasi aspettativa. I coordinatori e docenti del progetto, Ubaldo Pantaleo, esperto in tecniche di ricerca e monitoraggio marino subacqueo, e Cristina Fiori, esperta in ricerca e monitoraggio di mammiferi marini, ci hanno regalato un bagaglio di conoscenza professionale unico nel suo genere.

Cristina e Ubaldo, i docenti del Campus
Il primo giorno si inaugura con l’introduzione alla cartografia e ai Sistemi Informativi Geografici (GIS), un argomento a primo impatto molto complesso. I sistemi GIS consentono l’analisi dati di un territorio tramite l’unione di informazioni di posizione (spaziali) e di database (tabulari), permettendo la visualizzazione e il monitoraggio delle informazioni raccolte per spiegare eventi, prevedere tendenze e pianificare strategie. Attraverso questo strumento si ha la possibilità di interrogarsi sui dati acquisiti, interpretando i loro processi e relazioni e generando scelte efficaci sulla gestione del territorio in questione. L’utilizzo dei sistemi GIS per la mappatura dei fondali marini è estremamente valido per monitorare le risorse naturali presenti e comprendere come gestirle nella maniera più appropriata.
La mia prima reazione a questo argomento è: ”non ci capisco assolutamente nulla!”. Il GIS è uno strumento tanto interessante quanto complicato, ma per fortuna l’approccio di Ubaldo e le sue spiegazioni rendono la comprensione estremamente accessibile. Impariamo le tecniche base per l’utilizzo del software QGIS e, a seguire, seguiamo la lezione di Cristina sulla biologia dei cetacei, le specie presenti in Mediterraneo, le minacce a cui sono soggette e le normative volte a proteggerle. Una prima giornata colma di nuove informazioni, e questo è solo l’inizio!
I giorni che si susseguono rivelano una conoscenza dietro l’altra, oltre che delle memorabili condivisioni e tempo trascorso nelle acque cristalline della Sardegna, insieme agli altri partecipanti al Campus.

Tutti i partecipanti alle prime tre settimane di Campus, insieme ad Ubaldo
Nella seconda giornata conosciamo in maniera più approfondita la Posidonia oceanica, la pianta fanerogama del Mediterraneo per eccellenza, ed effettuiamo delle esercitazioni in acqua per monitorarla, valutarne la densità ed eventuali segni di disturbo, per poi analizzare i dati raccolti su QGIS.

La Triblù in acqua per il monitoraggio della Posidonia
Il terzo giorno approfondiamo la composizione del coralligeno, un habitat ricchissimo di biodiversità, che ospita il 20% delle specie mediterranee. Tramite l’utilizzo del software PhotoSquad, esaminiamo quadrati fotografici di coralligeno effettuati precedentemente da Ubaldo e proviamo a riconoscere le specie presenti, valutando la percentuale di popolamento di ognuna.
Trascorrere parte della giornata in acqua a monitorare la Posidonia, immersa in un paesaggio da togliere il fiato, per poi tornare a casa e, circondata da libri identificativi di flora e fauna mediterranea, provare ad individuare le specie del coralligeno, mi rende estremamente grata di poter vivere quest’esperienza. Ancor di più mentre ascolto le infinite conoscenze di Ubaldo e Cristina che, con professionalità, amichevolezza ed enorme pazienza ci trasmettono i loro insegnamenti.

Esercitazione riconoscimento tassonomico con software Photosquad
Nel frattempo, si arricchisce la nostra conoscenza sui cetacei, in particolare sul tursiope, la specie di delfino costiero presente a Golfo Aranci. Cristina ci presenta il lavoro di divulgazione, sensibilizzazione e ricerca scientifica che Worldrise sta portando avanti nel Golfo dal 2014. Apprendiamo il metodo della foto-identificazione, un metodo di monitoraggio non invasivo che sfrutta l’individuazione di ‘mark’ naturali sulle pinne dorsali del delfino per identificare singoli individui e stimare l’abbondanza della popolazione.
Il quarto giorno, probabilmente quello più atteso da tutti, usciamo in barca per applicare le conoscenze apprese e raccogliere foto-id per il monitoraggio dei delfini. Il vento di scirocco agita le acque, ma non impedisce di stupirsi di fronte ai paesaggi che abbiamo di fronte: il blu profondo del mare, che sfuma dal turchese al trasparente limpido man mano che ci si avvicina alla costa; i fondali visibili dalla barca; le falesie imponenti e la vegetazione selvaggia dell’isola di Figarolo; gabbiani e cormorani tutti attorno. Panorami che continuano a ricordarci della bellezza e unicità del patrimonio naturale del nostro Paese.
Dato che i delfini ancora non s’intravedono, ci avviciniamo all’isola di Figarolo per mettere in pratica il metodo CARLIT, una tecnica di monitoraggio costiero spiegata in precedenza da Ubaldo. Le macroalghe presenti sulle scogliere superficiali rispondono velocemente ai cambiamenti ambientali e alle pressioni antropiche circostanti e la metodologia CARLIT sfrutta l’osservazione di queste comunità algali per valutare lo stato ecologico delle acque costiere, identificando eventuali aree a rischio soggette a grandi disturbi. Seppur sia inizialmente difficile riconoscere le specie di alghe, l’attività si rivela incredibilmente interessante e coinvolgente, a tal punto che quasi ci dimentichiamo dei delfini.
Fino a quando Federica, una delle altre partecipanti, non ne avvista uno. L’eccitazione prende il sopravvento all’interno della barca. Iniziamo a scattare fotografie, segnalare la posizione con il GPS, compilare schede di navigazione e di avvistamento. Le pinne appaiono e scompaiono in un secondo e catturarle in foto richiede concentrazione e prontezza. Il tutto si contrappone ad un profondo senso di ammirazione per questi mammiferi, che continuano a far meravigliare con il loro fascino e la loro intelligenza. Osserviamo quanti sono, dove si muovono, come si comportano tra loro: informazioni che andranno a colmare le ricerche in corso sull’utilizzo dell’area come “nursery” da parte della popolazione.

Avvistamento delfini in barca
A malincuore, ma enormemente felici per gli avvistamenti effettuati, iniziamo a dirigerci verso il porto per poi, durante il giorno seguente, analizzare le foto scattate e i dati GPS, per identificare i singoli individui e effettuare calcoli per il campionamento.
Tra gli argomenti finali di monitoraggio costiero affrontiamo la fotogrammetria, successivamente messa in pratica tramite un’esercitazione con drone per acquisire un rilievo fotogrammetrico della spiaggia e delle praterie di Posidonia oceanica. La tecnica permette di ricostruire al computer strutture tridimensionali da una sequenza di immagini scattate da un’unica fotocamera in movimento, consentendo l’osservazione della forma, dimensione e aspetto del territorio marino-costiero.

Esercitazione con drone per acquisire rilievi fotografici
L’ultimo giorno scegliamo di concludere in bellezza: la mattina inizia con un’immersione subacquea ed un tour esplorativo dell’isola di Figarolo, grazie alla gentile disponibilità del Centro Immersioni Figarolo. Discendere nei fondali del mare e osservare faccia a faccia le pareti di coralligeno ci riempie il cuore di meraviglia. Grazie alle lezioni di riconoscimento tassonomico tenute nei giorni precedenti da Ubaldo, riusciamo ad identificare le migliaia di specie che compongono i substrati duri del coralligeno: un museo a mare aperto. È incredibile osservare quante specie diverse e colorate si possono individuare in un piccolissimo quadrato di substrato.

In tour con il Centro Immersioni Figarolo
Dopo l’immersione e le ultime esercitazioni con QGIS, non possiamo lasciare la Sardegna senza un pranzo degno di rendere omaggio alla bontà di questa terra.
Ci rechiamo nell’entroterra di Olbia e, tutti insieme, pranziamo in un agriturismo tipico immerso tra le campagne sarde. Ogni singola portata del pasto mi convince sempre di più a volermi trasferire in Sardegna: pane carasau, pecorino, mazza frissa, malloreddus, porceddu, mirto,… Ma come si fa ad andarsene da questa terra?!
Dopo il pranzo riceviamo i nostri diplomi, simbolo di un’esperienza che un singolo attestato non potrà raccontare, ma che di certo potrà testimoniare. Ultimo bagno nella splendida acqua di Sardegna, ultimi abbracci, ringraziamenti sinceri e foto che racchiudono lo spirito della “triblù” e dell’entusiasmo di persone accomunate dalla voglia di esplorare, vivere, far conoscere e, soprattutto, salvaguardare il mare.

La consegna dei diplomi
Perchè partecipare?
È stata un’opportunità unica, che mi ha permesso di ricevere le basi per una formazione pratica professionale nel campo della ricerca, trascorrere una settimana in uno dei luoghi più incantevoli della Sardegna, i cui paesaggi mi hanno ricordato quanta incredibile bellezza ci circonda, di incontrare altri/e studenti/esse con i/le quali condividere la passione per il mare e la forza di crearsi la propria strada per conoscerlo, monitorarlo, esplorarlo e salvaguardarlo. È stato un onore conoscere personalmente parte del team di Worldrise, vivere insieme in un clima di collaborazione e giovialità, nell’atmosfera ideale per portare a termine un buon lavoro. L’esito di questo percorso è anche una profonda stima verso i nostri insegnanti, Ubaldo e Cristina, per le tecniche che ci hanno saputo trasmettere e per la condivisione delle loro esperienze, un esempio per le nostre scelte future.
Mi sento enormemente grata di far parte della “triblù” di Worldrise, poiché qui ritrovo l’ispirazione e la formazione necessaria per proseguire il mio percorso da ‘custode del mare’. Quest’esperienza ha fornito a me e alle altre partecipanti le basi da cui poter attingere e crescere per conoscere meglio il patrimonio naturalistico del Mediterraneo, utilizzare gli strumenti per monitorarlo, trasmettere le informazioni volte a promuovere la sua scoperta, individuare le azioni che lo impattano e stimolare quelle che lo preservano. Quindi, grazie Worldrise per coinvolgere le nuove generazioni, renderle partecipanti attive del cambiamento e fornire gli strumenti e le conoscenze necessarie per custodire il futuro del nostro Pianeta Blu.
Un ringraziamento speciale a tutti gli enti che hanno sostenuto l’iniziativa (Sky Italia, Serendipity Shop, Green Natural, Fondazione di Sardegna, Comune di Golfo Aranci) e ai partner tecnici del progetto (Corsica Ferries, Mares, Garmin).
Autrice: Giulia Cecchi
Giulia è una studentessa di biologia marina e oceanografia all’università di Bangor, in Galles. Attualmente, oltre agli studi, collabora in un progetto di ricerca focalizzato sull’influenza di processi oceanografici su predatori marini. Se fosse un animale marino sarebbe un polpo, per poter essere estremamente flessibile, intelligente, ed adattarsi a qualsiasi ambiente assorbendone i colori sulla pelle!