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Produrre e ascoltare musica, online o dal vivo, può avere impatti negativi più o meno pesanti sull’ambiente. Fortunatamente, però, sempre più spesso vengono promosse iniziative per rendere questo settore, così importante e presente nella nostra vita quotidiana, più sostenibile: scopriamole insieme!

Se ci fermiamo a pensare ai momenti della nostra vita quotidiana accompagnati dalla musica, ci accorgiamo che sono moltissimi: dal fare la spesa al supermercato con un distratto sottofondo musicale ad un lungo viaggio in macchina rallegrato dalla radio, passando per una corsa al parco con le nostre canzoni preferite nelle cuffiette. La musica accompagna la nostra quotidianità rendendola costantemente piacevole, ma quanto impatta sull’ambiente produrre e ascoltare musica? L’industria musicale, così come qualsiasi altro tipo di produzione, ha un impatto sull’ambiente e, in particolare modo sul mare, per il suo intero ciclo di vita, da quando viene prodotta a quando viene “consumata”: scopriamo di più su questo fenomeno e, soprattutto, su cosa possiamo fare per godere della musica a impatto zero

Foto di Yassine Zbir via Pexels

L’impatto ambientale della musica streaming: meno plastica, ma più CO2

Una ricerca dell’University of Glasgow ha evidenziato che il costo ambientale legato al consumo della musica è molto cambiato negli anni. La diffusione di piattaforme online per ascoltare musica in streaming ha infatti contribuito sensibilmente a ridurre l’uso della plastica nell’industria musicale. Negli Stati Uniti, per esempio, si è passato dall’impiego di circa 58 milioni di kg di plastica nel 1977 (equivalente a 145 milioni di bottiglie di plastica) per la produzione di vinili, cd e cassette, a circa 8 milioni di kg nel 2016. Un miglioramento ambientale importante, ma tuttavia ancora parziale e, soprattutto, insufficiente ad escludere le conseguenze negative per il mare causate dalla sovrabbondanza di plastica e da un suo scorretto smaltimento. 

Come spesso accade, inoltre, bisogna considerare anche l’altra faccia della medaglia dell’avvento della musica in streaming. Per ascoltare musica online, conservarla e renderla sempre accessibile sulle piattaforme, è necessaria l’energia elettrica che, prodotta per la maggior parte a partire da combustibili fossili, emette CO2 in atmosfera. Indirettamente, quindi, ascoltare musica in streaming contribuisce ad aumentare le emissioni di anidride carbonica: un maggiore consumo di energia elettrica, indurrà ad un incremento della sua produzione e, di conseguenza, delle emissioni di CO2  associate.  Sempre negli USA, è stato calcolato che la produzione musicale è passata dall’emissione di 140 milioni di kg di gas serra nel 1977, a circa 200 milioni di kg nel 2016. L’impatto ambientale legato al consumo musicale si è dunque semplicemente “spostato” in termini di tipologia, rimanendo comunque considerevole.

L’impatto ambientale degli eventi musicali live

Non solo la musica che ascoltiamo a casa impatta sull’ambiente, ma anche quella dal vivo. Si stima che un concerto emetta da 2 a 10 kg di CO2 per spettatore. Inoltre, l’uso di plastica negli eventi live è ancora molto alto, sia nel backstage, per l’impiego di imballaggi e plastica usa e getta, sia tra gli spettatori, principalmente per le bottiglie d’acqua. Nel 2017, il festival di Glastonbury, un riferimento per gli amanti della musica rock, produsse circa 1,3 milioni di rifiuti di bottiglie di plastica, una triste conclusione che spinse però ad avviare iniziative di sensibilizzazione sulle questioni ambientali.

Eventi live più sostenibili

Oggi sono molti gli artisti che scelgono di ridurre l’impatto ambientale dei propri concerti ed eventi live: Ligabue, Tiziano Ferro, Giorgia, Jovanotti, gli U2, sono star nazionali e internazionali che sfruttano la propria visibilità per sensibilizzare sulla causa. Recentemente, inoltre, l’Associazione dei Produttori Musicali Indipendenti, insieme ad Impala (Independent Music Companies Association) e Rockol, un quotidiano online italiano a tema musicale, ha promosso il Manifesto della Musica Sostenibile, con cui vengono delineati dieci target per ridurre l’impatto ambientale non solo degli eventi musicali live, ma dell’intera filiera musicale. Il Manifesto può essere sottoscritto da tutti gli operatori della filiera che intendono impegnarsi per ridurre l’impatto ambientale della propria attività e tra i punti principali c’è quello di individuare all’interno di ogni realtà una figura responsabile della sostenibilità ambientale, collaborando con fornitori di servizi accessori, come quelli per le stampe, i trasporti e il merchandise, che tengano in considerazione la riduzione dell’impatto ambientale delle attività. 

Foto di Hanny Naibaho via Unsplash

La produzione musicale e gli impatti sul mare

Gli impatti che la produzione musicale ha sul mare sono dunque principalmente legati all’inquinamento da plastica e alle emissioni di CO2. La plastica, infatti, dopo essere arrivata in mare, può essere ingerita dalle specie marine, che la scambiano per cibo e può sia provocare danni alla loro salute sia entrare all’interno della catena alimentare, arrivando poi fino all’uomo. Secondo l’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, l’80% della plastica presente in mare arriva da una scarsa gestione dei rifiuti a terra. In questa percentuale rientra anche la plastica usa e getta generata dai concerti, quella abbandonata al suolo o non differenziata correttamente. 

Anche le emissioni di CO2, contribuendo all’innalzamento della temperatura media globale, alterano negativamente l’equilibrio dell’ecosistema marino. I mari e gli oceani, infatti, dalla rivoluzione industriale fino ad oggi hanno assorbito circa il 93% del calore in eccesso trattenuto in atmosfera dai gas serra e, se l’oceano non avesse svolto questa funzione regolatrice fondamentale, la temperatura sulla terra oggi sarebbe di 36 °C superiore rispetto a quella attuale, rendendo la vita sul Pianeta molto più complicata. Inoltre, gli oceani assorbono circa un terzo della CO2 presente in eccesso nell’atmosfera, rappresentando uno dei nostri più validi alleati contro il cambiamento climatico, ma non senza conseguenze: l’eccessivo assorbimento di anidride carbonica da parte dei sistemi marini sta alterando il pH delle acque, rendendolo più acido, con gravi danni per gli organismi animali e vegetali che popolano il mare, come per esempio le barriere coralline, che stanno andando incontro al fenomeno di sbiancamento.

Colonia di coralli affetta da sbiancamento – “Coral bleaching” by PacificKlaus is licenced under CC BY-NC 2.0 ©

Il progetto “Ecorider” di Worldrise per la sostenibilità dell’industria musicale

Anche l’industria musicale, quindi, ha bisogno di diventare più sostenibile e di avere un occhio di riguardo per il mare, dalla produzione al consumo di musica, passando per gli eventi live. Worldrise, per favorire questo progresso, porta avanti il progetto Ecorider, che coinvolge artisti e produttori musicali in un’iniziativa capace di suggerire e veicolare, anche nell’ambiente musicale, il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. I musicisti e i cantanti che aderiscono ad Ecorider, infatti, sono accompagnati in un percorso di sostenibilità per trasformare il proprio rider, ovvero la lista delle richieste stilata da ogni artista per esibirsi in una location, in un eco-rider, eliminando imballaggi e plastica monouso da stage e backstage, minimizzando gli sprechi e facilitando il corretto smaltimento dei rifiuti. Diversi sono gli artisti che hanno già aderito all’iniziativa, tra cui Aldonia Filangeri, tra le producer più ricercate della scena disco contemporanea, il famoso trombettista e compositore Roy Paci, fondatore della casa di produzione ETNAGIGANTE, la band dei Martini Police, un gruppo indie-rock della Brianza, e l’originale Joan Thiele, cantautrice e producer italo-colombiana. 

La produzione di musica, così piacevolmente presente nella nostra vita quotidiana, può determinare impatti negativi per l’ambiente e il mare, se non gestita correttamente, ma sono molte le soluzioni e le iniziative presenti per rendere anche questo settore più sostenibile. Aderire ad Ecorider è semplice, ma fa una grande differenza: vieni a scoprire come l‘8, 9 e 10 giugno a Milano, presso l’Ex Fornace Gola, al Festivalmar!

Bibliografia e sitografia
Autrice: Graziella Pillari
Graziella è consulente ambientale e scrive per il magazine SeaMag di Worldrise, unendo la passione per l’ambiente alla scrittura. 
Se fosse un animale marino sarebbe un pesce pagliaccio, che vive nella coloratissima barriera corallina.

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