Partiamo alla scoperta della Polinesia francese: un luogo da sogno ma anche molto fragile, da tutelare e proteggere.
Quando gli europei, sul finire del XIII secolo, giunsero in Polinesia, capirono subito di essere approdati in un luogo da sogno: lagune turchesi, giardini di corallo e acque limpidissime rendono queste isole la meta ideale per gli amanti delle immersioni. Tuffiamoci quindi tra le mille sfumature di blu per conoscere meglio le “perle del Pacifico”!

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GLI ARCIPELAGHI
La Polinesia Francese è costituita da 118 isole, disseminate in una porzione di Pacifico che si estende per oltre 2000 km: il nome di questo paradiso terrestre deriva dal greco e significa infatti “tante isole”. La Polinesia è formata da cinque arcipelaghi, ciascuno caratterizzato da cultura, lingua e topografia proprie: le Isole della Società, le Tuamotu, le Marchesi, le Australi e le Gambier. Le destinazioni più conosciute, ovvero Tahiti, Mo’orea e Bora Bora, fanno parte delle Isole della Società e sono essenzialmente delle montagne, circondate dal reef, che emergono dall’oceano. Altre isole, come le Tuamotu, sono invece atolli, cioè anelli di antiche barriere coralline che circondavano un’isola ormai sprofondata.
UN VIAGGIO STRAORDINARIO
Queste remote isole furono tra gli ultimi luoghi del globo a essere colonizzati. Circa 4000 anni fa i primi polinesiani, provenienti molto probabilmente da Taiwan, si avventurarono nell’oceano a bordo delle loro canoe, formate da due scafi paralleli uniti da travi trasversali e piattaforme. Procedendo sia a vela che a remi e usando le stelle per orientarsi, giunsero prima nelle Isole Marchesi e poi, solo verso il 300 d.C., nelle Isole della Società. Conosciamo poco della storia di questi popoli, perché non possedevano una lingua scritta: alcune tradizioni, come la danza, l’intaglio e il tatuaggio, sono però sopravvissute e negli ultimi anni la cultura autoctona ha avuto un nuovo slancio.

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QUALE ISOLA?
Ognuna presenta caratteristiche peculiari e siti d’immersione unici, dove è possibile fare incontri ravvicinati con la fauna marina. Anche l’avifauna polinesiana è ricchissima e comprende specie endemiche di martin pescatore, piro piro, lorichetti, sterne, sule e fetonti.
Le spiagge cambiano molto da isola a isola: a Tahiti sono per lo più di origine vulcanica, con sabbia nera, mentre a Bora Bora si presentano come distese di sabbia candida orlate da palmeti. Nelle Tuamotu le coste di molti atolli sono delimitate da spiagge rosa, costituite da frammenti corallini; le maree poi interferiscono con il colore naturale della sabbia incidendo sulla tonalità della stessa e creando dei riflessi più o meno accesi.
TRA LE MEGATTERE A MO’OREA…
Ricca di foreste verdi, cascate e valli fertili, Mo’orea è una delle mete favorite per avvistare le balene: da luglio a ottobre è possibile infatti incontrare le megattere (Megaptera novaengliae), che sostano nelle acque che circondano l’isola durante la loro migrazione. La distribuzione di questi cetacei in Polinesia è stata analizzata in dettaglio dal Centre de Recherche sur les Cétacés di Antibes, che ha osservato che ben l’83% delle balene avvistate si spinge a meno di 2 km dalla costa e che in buona parte si tratta di femmine con cuccioli.
Oltre alle megattere, altre 15 specie di cetacei nuotano in queste acque: in particolare, sono frequenti gli incontri con varie specie di delfinidi, tra cui il tursiope (Tursiops truncatus), la stenella dal lungo rostro (Stenella longirostris), il grampo (Grampus griseus) e la stenella maculata pantropicale (Stenella attenuata). Proprio a causa delle opportunità che il whale watching offre, nel 2011 è stato aperto un centro di ricerca e osservazione, il Cetaceans Observatory, che permette l’osservazione e la raccolta dei dati e la sensibilizzazione di locali e turisti.

Veduta della laguna di Mo’orea – Foto di Reiseuhu via Unsplash
…E LE MANTE DI MAUPITI
Anche l’isola di Maupiti, sorella minore della più celebre Bora Bora, offre esperienze indimenticabili sotto le onde: da aprile a settembre a Pointe Manta, nella zona sud della laguna, è possibile nuotare assieme alle mante giganti. Questi elasmobranchi si riuniscono qui, a meno di 8 m di profondità, perché vengono circondati da banchi di pesci pulitori, che le liberano dai parassiti. Anche altre zone della laguna sono ottime per fare immersioni lungo la barriera, osservare pinnacoli ricoperti di corallo e specie tropicali, tra cui pesci farfalla, pesci chirurgo e pesci pappagallo.

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RANGIROA, IL “CIELO INFINITO”
Il vero paradiso per i sub, in Polinesia, si trova nell’arcipelago delle Tuamotu: si tratta dell’atollo di Rangiroa, che offre bellissimi siti dove fare immersioni in corrente. Il nome dell’isola, in lingua locale, significa “cielo infinito”, ma bisogna guardare sotto le onde per scoprirne i tesori: squali pinna nera del reef (Carcharhinus melanopterus), squali martello (Sphyrna mokarran), squali grigi (Carcharhinus amblyrhynchos), mante, aquile di mare, tursiopi, tonni, pesci spada e carangidi, oltre a una miriade di pesci di barriera, popolano le acque delle passes, ovvero dei canali che collegano la laguna interna all’oceano. In particolare, presso il Pass de Tiputa risiede stanzialmente un gruppo di tursiopi che viene studiato e monitorato da molti anni dall’ONG Dauphins de Rangiroa: l’associazione si concentra principalmente sugli impatti del turismo sul comportamento dei delfini e, attraverso un attento monitoraggio demografico e sociale, mira ad individuare qualsiasi effetto deleterio delle attività umane.

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FAKARAVA, L’ATOLLO RISERVA UNESCO
Nata nel 2016, la Riserva della Biosfera di Fakarava offre una grande diversità di paesaggi, tra cui formazioni coralline, praterie di fanerogame, stagni di ‘Kopara’ (formati da cianobatteri, alghe, batteri e materia organica risultante dalla loro decomposizione), palme da cocco e altra vegetazione tipica degli atolli polinesiani. Durante la Global Reef Expedition è stato scoperto che le sue barriere coralline hanno la più alta ricchezza di specie, densità e biomassa di pesci della Polinesia francese. I dati confermano la presenza di specie economicamente rilevanti e predatori apicali, come squali, cernie e barracuda. Questi risultati sono particolarmente importanti perché una comunità ittica produttiva spesso si traduce in una barriera corallina complessivamente più sana. Oltre alle specie che abitano il reef, la Riserva ospita una flora e una fauna terrestri ricche di endemismi, tra cui il miki-miki, un arbusto dalla corteccia rossa.

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DAGLI ESPERIMENTI NUCLEARI ALLA SALVAGUARDIA DEL MARE
A partire dal 1963 la Polinesia fu utilizzata dalla Francia come sito per test nucleari: in 30 anni furono ben 193 le esplosioni sugli atolli delle Tuamotu. Per decenni il governo francese ha negato che i test avessero causato danni ecologici, ma nel 1999 uno studio rilevò una dispersione di radioattività sott’acqua e la presenza di fenditure nei reef di Moruroa e Fangataufa. Ciò aprì un acceso dibattito e nel 2012 è stato approvato un disegno di legge che permette alla Polinesia di monitorare l’ambiente in autonomia, invece di attenersi alle relazioni francesi. Recenti analisi hanno dimostrato che i pericoli derivanti dalle radiazioni sono per fortuna scomparsi e le isole, nel frattempo, hanno fatto passi enormi nella tutela degli ecosistemi: vi è una crescente attenzione per quanto riguarda la caccia di frodo e la pesca illegale e le normative edilizie si sono fatte più stringenti.
A Mo’orea, per il ripristino del reef, è nata nel 2017 l’associazione Coral Gardeners, che ha realizzato un vero e proprio vivaio per ripiantare i frammenti di corallo. A Bora Bora, invece, presso il Turtle Center, vengono curati e riabilitati esemplari di tartaruga marina trovati feriti; lo scopo del centro è anche quello di sviluppare programmi educativi e impegnarsi in ricerche scientifiche sulle popolazioni di tartaruga verde (Chelonia mydas) e tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata).+

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Inoltre, nel 2016, le Isole Australi hanno presentato un piano per la realizzazione di un’Area Marina Protetta (AMP) comprendente una rigorosa zona di protezione di 1 milione di km² e 5 zone di pesca artigianale esclusiva. Il governo non ha convalidato ancora il progetto, ma i cittadini si sono mobilitati per far sì che ciò avvenga. Infatti, un’indagine condotta nel luglio 2019 mostra che l’81% della popolazione delle Isole Australi e il 78% dei polinesiani sono favorevoli alla creazione dell’AMP. La speranza è che ciò avvenga il prima possibile, poiché è di fondamentale importanza proteggere almeno il 30% dei mari entro il 2030. Dalle barriere coralline dipende il 25% della biodiversità marina mondiale e risulta quindi evidente come queste aree siano tra le prime ad aver bisogno della nostra tutela.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
- Tahiti e la Polinesia Francese, Lonely Planet, EDT, edizione scritta e aggiornata da Celeste Brash e Jean-Bernard Carillet
- https://tahititourisme.it/it-it/
- https://en.dauphinsderangiroa.org/
- https://www.temanaotemoana.org/observation-networks/marine-mamals-observation-network/
- https://diving.tahititourisme.it/maupiti/#home
- https://www.calameo.com/read/003461503d8364d57440a
- https://issuu.com/boraborasun/docs/ig_2022_web_v1?fr=sNzUzODI4NDUzMjI
- https://www.globalgeografia.com/oceania/polinesia_francese.htm
- https://en.unesco.org/biosphere/eu-na/commune-de-fakarava
- https://www.ornitour.it/polinesia_2014.html
- Chazot J., Hoarau L., Carzon P., Wagner J., Sorby S., Ratel M. & Barcelo A. (2020). Recommendations for sustainable cetacean-based tourism in French territories: A review on the industry and current management actions. Tourism in Marine Environments. doi:10.3727/154427320X15943351217984
- Gannier, Alexandre. “The large-scale distribution of humpback whales (Megaptera novaeangliae) wintering in French Polynesia during 1997-2002.” Aquatic Mammals 30.2 (2004): 227-236.
- Derville S., Garrigue C. et al. (2018). Whales in warming water: Assessing breeding habitat diversity and adaptability in Oceania’s changing climate. Global Change Biology. doi:10.1111/gcb.14563
Autrice: Sara Parigi
Sara è volontaria Worldrise e autrice per SeaMag dal 2021. Attualmente è iscritta al terzo anno di Scienze Biologiche presso l’Università di Firenze. Appassionata di cetacei fin da quando era bambina, se fosse un animale marino sarebbe una balenottera, un po’ schiva e introversa, ma anche pacata e razionale.