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Le emissioni sottomarine naturali di CO2 nell’isola di Panarea la rendono un laboratorio a cielo aperto per lo studio degli effetti dell’acidificazione dell’acqua marina sugli organismi calcificanti, come i coralli. Scopriamo di più su quest’area di studio naturale.

I coralli e le barriere coralline 

I coralli sono un gruppo di invertebrati appartenenti al gruppo degli Cnidari (famiglia che comprende, per esempio, anche le meduse e gli anemoni). Ogni corallo è costituito da migliaia di piccoli individui geneticamente identici, detti polipi, che producono carbonato di calcio, utilizzato per creare una struttura esterna di protezione (esoscheletro) che andrà a costituire la barriera corallina.

Se il polipo è in simbiosi con piccole alghe unicellulari (zooxantelle), avremo i coralli zooxantellati. Se la simbiosi è assente si tratterà di coralli non-zooxantellati.

Le barriere coralline sono ecosistemi estremamente importanti. Innanzitutto, proteggono le coste dall’erosione del mare, perché le onde vengono incanalate nella barriera e non si abbattono direttamente sul litorale; provvedono inoltre habitat adatti per la riproduzione e crescita di organismi marini (Barbier et al., 2011) e, grazie alla loro complessità strutturale, hanno anche un grande valore estetico, culturale ed economico. Infatti, ospitano un gran numero di pesci e organismi marini, rappresentando una risorsa di estrema importanza per le popolazioni costiere che basano la propria economia sulla pesca (Moberg et al., 1999). 

foto via Unsplash

Un ecosistema sempre più in pericolo

Le barriere coralline sono attualmente uno degli ecosistemi più a rischio. Il continuo sfruttamento di questo habitat ai fini della pesca e l’inquinamento delle acque tramite i prodotti utilizzati per l’agricoltura riversati in mare sono stati, finora, tra le cause della diminuzione delle barriere coralline. Negli ultimi decenni, inoltre, l’aumento della temperatura globale e della concentrazione di CO2 nell’atmosfera stanno causando un indebolimento dell’esoscheletro dei coralli (Hughes et al., 2012). Infatti, l’anidride carbonica atmosferica passa per diffusione attraverso l’interfaccia aria-oceano, determinando una conseguente acidificazione degli oceani, ovvero una diminuzione del pH dell’acqua marina, contribuendo a rendere quasi impossibile la vita per molti organismi marini (Fantazzini et al., 2015).

Secondo le stime dell’IPCC (Intergovernal Panel on Climate Change), dal 1800 ad oggi il pH dell’oceano è diminuito da 8.2 a 8.1 e, se le emissioni di CO2 non diminuiranno, arriveremo ad un valore di 7.8, con conseguenze enormi per gli organismi calcificanti, ma in generale per tutte le specie marine (Fantazzini et al., 2015).

Il Mar Mediterraneo, a causa della sua caratteristica di mare chiuso, è già stato ampiamente sottoposto ad una diminuzione del pH delle sue acque, con valori anche inferiori agli altri bacini oceanici, rendendolo un sito ideale per lo studio dell’acidificazione sulle popolazioni coralline (Goffredo et al., 2014).

Un laboratorio naturale a Panarea

L’isola di Panarea, situata lungo la costa italiana sud-occidentale, è un sito ideale per studiare gli effetti dell’acidificazione sugli organismi calcificanti. Infatti, essendo un’isola vulcanica, presenta delle emissioni sottomarine di CO2, che creano un gradiente di acidificazione naturale che mima l’acidificazione degli oceani (Goffredo et al., 2014).

Sito di emissione di CO2 vicino all’isola di Panarea (Goffredo et al., 2014)

Le specie studiate in quest’area sono tre coralli endemici del Mar Mediterraneo: Balanophyllia europaea, Leptopsammia pruvoti e Astroides calycularis. Il primo è un corallo zooxantellato, mentre gli altri due sono coralli non-zooxantellati.

L’area di studio è costituita da 4 siti, determinati in base alla vicinanza/lontananza dal cratere da cui è emessa la CO2, quindi con livelli diversi di pH: si va dal pH normale degli oceani (8.1 – sito più lontano dal cratere), a valori più acidi (7.4 – sito più vicino al cratere, con un pH inferiore allo scenario peggiore raffigurato nelle proiezioni dell’IPCC).

I coralli studiati sono stati raccolti nei 4 siti durante tre stagioni diverse dell’anno (inverno, primavera ed estate), per comparare la calcificazione dello scheletro del corallo contemporaneamente sottoposto all’acidificazione e all’effetto della temperatura.

Balanophyllia europaea – foto via Canva

Una risposta diversa dei coralli allo stress

I risultati dell’esperimento hanno mostrato due comportamenti differenti tra la specie di corallo zooxantellato (B. europea) e le altre due non-zooxantellate (L. Pruvoti e A. calycularis). Infatti, nel primo caso la crescita del corallo risulta inalterata dall’azione combinata del pH e della temperatura (ad eccezione del sito 4, in cui il valore di pH non è stato inserito dall’IPCC nelle proiezioni per il prossimo secolo), mentre nel secondo caso entrambi i coralli mostrano una diminuzione della crescita al diminuire del pH, il cui effetto è amplificato dall’aumento della temperatura. In entrambi i casi, però, al diminuire del pH, è stato osservato un aumento della porosità del corallo, ovvero uno scheletro più fragile e, quindi, più sensibile agli stress meccanici, come tempeste o predazione.

Nonostante l’effetto combinato di calcificazione e aumento delle temperature sia senza dubbio dannoso, quindi, non tutti i coralli reagiscono nello stesso modo. Questo differente comportamento potrebbe essere una conseguenza della simbiosi tra alga e corallo. Infatti, l’aumento di CO2 potrebbe stimolare l’efficienza della fotosintesi dell’alga, la quale provvederebbe l’energia necessaria al corallo per produrre il carbonato di calcio necessario per la calcificazione, bilanciando di conseguenza gli effetti negativi dell’acidificazione.

Emissioni sottomarine di anidride carbonica – Foto via oceans4future.org

Un segnale positivo di resilienza

In conclusione, nonostante l’acidificazione sia una minaccia per la sopravvivenza degli organismi calcificanti, ed in generale per gli ecosistemi marini, viene riscontrato comunque un segnale positivo dalle popolazioni osservate. Infatti, l’aumento della porosità a pH acidi è associato ad una crescita costante, che è necessaria per soddisfare le esigenze riproduttive, come l’abilità di raggiungere una dimensione critica durante la maturità sessuale (Goffredo et al., 2014). Questo comportamento, inoltre, è stato verificato soprattutto per pH così acidi da non rientrare nemmeno nelle proiezioni dell’IPCC per la fine del secolo, mostrando che siamo ancora in tempo per invertire la rotta e contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Bibliografia:
  • Barbier E.B., Hacker S. D., Kennedy C., Koch E.W., Stier A.C., Silliman B.R. (2011). The value of estuarine and coastal ecosystem services. Ecological Monographs, 81(2), 169-193. 
  • Fantazzini P., Mengoli S., Pasquini L., et al (2015). Gains and losses of coral skeletal porosity changes with ocean acidification acclimation. Nature communications 6 (1): 7785. DOI: 10.1038/ncomms8785
  • Goffredo S., Prada F., Caroselli E., et al (2014). Biomineralization control related to population density under ocean acidification. Nature climate change 4: 593-597 DOI:10.1038/NCLIMATE2241
  • Hughes, T.P., Baird A.H., Bellwood D.R., et al. (2012). Climate change, human impacts, and the resilience of coral reefs. Science 301, 929 DOI: 10.1126/science.1085046
  • International Coral Reef Initiative (ICRI) 2021. 
  • https://www.icriforum.org/about-coral-reefs/what-are-corals/
  • Moberg G., Folke C. (1999). Ecological good and services of coral reef ecosystems. Ecological economics (29) 215-233.
Autrice: Eleonora Camastra 

Eleonora è una biologa naturalista, recentemente laureata in ecologia del cambiamento climatico. Se fosse un animale marino sarebbe una lontra di mare, sempre molto solare, attiva e giocosa.

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