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Ogni anno, durante il periodo estivo, leggiamo articoli che avvertono la popolazione della presenza di alghe tossiche in mare. Worldrise vi farà conoscere l’alga tossica più comune nel nostro mare, Ostreopsis ovata!

Cos’è Ostreopsis ovata?

Ostreopsis ovata è una microalga unicellulare potenzialmente tossica, che vive nelle acque tropicali e subtropicali di tutto il mondo e anche in zone temperate, come il bacino del Mediterraneo, dove ormai la sua presenza è accertata da oltre vent’anni. 

Il nome Ostreopsis significa “dall’aspetto di ostrica”, mentre il termine ovata descrive la morfologia a forma di goccia caratteristica di questa alga, che può essere lunga 47-55 micron e larga 27-35 micron e che, quindi, non è visibile ad occhio nudo! Attraverso un filamento mucoso, O. ovata è in grado di ancorarsi a substrati rocciosi o a macroalghe, sulle quali può arrivare a formare un velo mucillaginoso in caso di fioriture intense.

Si nutre di altre microalghe, cianobatteri e ciliati attraverso il poro ventrale, che può allargarsi e contrarsi. Grazie all’elevata elasticità della teca, inoltre, O. ovata può aumentare il suo volume cellulare del 50-70% dopo l’ingestione. 

Tra gli organismi del genere Ostreopsis alcuni sono planctonici (organismi che fluttuano nelle acque), ma la maggior parte è bentonica (che vive a contatto temporaneo o permanente con il benthos, il fondo) ed epifita (una pianta autotrofa che cresce sopra un’altra, di cui si serve solo come supporto) di fanerogame marine (e.g. Posidonia oceanica), di talli di macroalghe rosse e brune, di conchiglie di mitili e di invertebrati bentonici, anche se è possibile trovarla su substrati rocciosi, sabbie e pozze di mare.   

foto via comune.bari.it

L’ambiente ideale                                                                                     

Ostreopsis ovata predilige acque poco profonde e con basso idrodinamismo, un parametro ambientale molto importante nel regolare l’abbondanza, la distribuzione e la fine di un bloom algale. In media, la presenza di O. ovata è significativamente superiore in litorali riparati dal moto ondoso piuttosto che in siti più esposti, indipendentemente dal tipo di substrato. Oltre alle macroalghe, che sono il substrato più comunemente investigato, quest’alga può crescere anche su una varietà di substrati bentonici, inclusi angiosperme marine, invertebrati e sedimenti molli. Studi precedenti indicano che la maggior parte di queste alghe prolifera ad una profondità tra 0.5 e 3 metri.

Fattori principali che influenzano i blooms

Quelli che vengono indicati come blooms, cioè le fioriture algali, possono essere più intensi in aree protette e dopo periodi di mare calmo che hanno portato alla stratificazione della colonna d’acqua e ad un eccessivo riscaldamento delle acque superficiali. Numerose osservazioni sul campo hanno testimoniato come l’idrodinamismo sia uno tra i principali fattori a determinare la proliferazione di questa specie, ma anche la facilità con cui le cellule possono essere risospese nella colonna d’acqua gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel declino delle fioriture. Anche se l’espansione geografica di Ostreopsis spp. da regioni tropicali e subtropicali a regioni temperate sembra legata all’aumento della temperatura superficiale marina, dovuto ai cambiamenti climatici globali oltre che alla diffusione tramite le acque di zavorra delle navi, la temperatura dell’acqua non sembra il parametro decisivo per i ceppi che fioriscono lungo le coste italiane e i massimi di abbondanza registrati sembrano piuttosto luogo- e anno- specifici.                                                                                        Un recente studio ha riconosciuto il ruolo chiave giocato dal rapporto N:P (il rapporto tra le quantità di azoto e di fosforo) accoppiato a quello della temperatura dell’acqua nelle prime fasi del bloom: le fioriture avrebbero inizio grazie al raggiungimento di valori di temperatura soglia (circa 25°C), che permetterebbero la germinazione di cisti, capaci di sopravvivere e proliferare, generando un vero e proprio bloom solamente in condizioni nutrizionali bilanciate.

foto via Repubblica.it

Com’è arrivata in Mediterraneo?

L’origine di Ostreopsis ovata nel Mar Mediterraneo è controversa e soggetta a più interpretazioni. Un’ipotesi è che l’alga fosse già presente nel Mare nostrum, ma in basse abbondanze e che solo nell’ultima decade abbia avuto delle fioriture più intense e invasive. Un’altra ipotesi è che sia stata introdotta dal Giappone, perché alcuni studi hanno dimostrato che alcuni esemplari giapponesi di Ostreopsis erano geneticamente identici agli esemplari rinvenuti in Mediterraneo, anche se questa ipotesi necessita ancora di ulteriori indagini.                              

Ostreopsis ovata in Italia

Le prime segnalazioni ufficiali di Ostreopsis ovata in Italia risalgono al 1994 lungo le coste laziali, anche se sembra essere stata rilevata in prossimità delle coste campane sin dal 1989. Alla fine degli anni Novanta, in una zona del lericino (Golfo di La Spezia) fu notato un fenomeno di fioritura attribuibile alla presenza di una nuova alga nei nostri mari: in quell’occasione fu riconosciuta una specie di microalga appartenente al genere Ostreopsis, fino a quel momento distribuita esclusivamente in acque tropicali e subtropicali.     

Il primo grande caso a Genova

I primi problemi di tipo sanitario furono inizialmente ricondotti ad una banale influenza, fino ad arrivare a 225 ricoveri a Genova nell’estate del 2005 per disturbi alle vie respiratorie e stati febbrili. Ostreopsis ovata, l’organismo poi riconosciuto responsabile di queste fioriture nocive, è segnalato ormai da diversi anni lungo le coste di diverse regioni italiane, sia dal lato tirrenico che da quello adriatico. Gli episodi di fioriture osservati nel comune genovese si sono verificati tra luglio e agosto e hanno interessato tratti di litorale in cui opere di difesa dall’erosione e pennelli rocciosi naturali delimitano uno specchio marino a debole ricambio idrico, dove le acque raggiungono temperature elevate.  

Effetti dell’alga tossica in mare

Le fioriture di Ostreopsis spp. in alcuni casi si accompagnano a sofferenze della comunità bentonica e sporadiche patologie nell’uomo in seguito ad inalazione e irritazione da contatto. Ostreopsis cf. ovata è spesso presente insieme ad altre dinoficee bentoniche anche potenzialmente tossiche, ma che, tuttavia, non raggiungono mai abbondanze molto elevate.

Cosa le rende tossiche

Si definiscono “biotossine” le sostanze prodotte da un organismo vivente capaci di indurre effetti dannosi anche a bassissime concentrazioni. Ostreopsis ovata produce una Ovatossina-a (analogo della palitossina) tra le più potenti e letali di natura non proteica. Il ceppo Mediterraneo sembra produrre quasi esclusivamente ovatossine, che possono causare delle bio intossicazioni non letali. L’ovatossina può raggiungere l’uomo per inalazione, causando sintomi respiratori e febbre, o per ingestione, attraverso il consumo di pesci o crostacei.

Sintomi e prevenzioni

I sintomi più gravi di intossicazione da Ostreopsis in seguito ad inalazione, contatto o ingestione sono: disturbi gastrointestinali, vasocostrizione, depressione della funzione cardiaca, ischemia coronarica, fibrillazione ventricolare, blocco cardiaco, spasmi muscolari, difficoltà respiratorie. Dopo aver accertato la presenza di questa alga tossica in Mediterraneo, con l’entrata in vigore, il 25 maggio 2010, del decreto 30 marzo 2010, attuativo del D.Lgs 116/2008, in Italia è diventato obbligatorio (art.3) effettuare monitoraggi in aree a rischio di O. ovata e altre alghe potenzialmente tossiche e qualora le concentrazioni dovessero superare i limiti massimi, viene vietata la balneazione.

Come riconoscerla ad occhio nudo

Gli effetti macroscopici della presenza di quest’alga sono molteplici: generalmente si formano in superficie schiume galleggianti biancastre, aggregati di colore marrone e una pellicola brunastra a rivestimento degli scogli. Chi pratica attività di snorkeling può accorgersi anche di ricci di mare morti o con perdita di aculei, di stelle marine che hanno perso le braccia o che le hanno ripiegate verso il dorso e di spugne e ascidie morte.

foto via SNPA Ambiente

BIBLIOGRAFIA:
Autrice: Antonia Chiaino

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