Come si ripristina un’area naturalistica e come si possono monitorare i cambiamenti avvenuti? In questo articolo vedremo la strategia attuata in un sito protetto della Laguna veneta.
Vi avevamo raccontato gli obiettivi e gli interventi di ripristino ambientale portati avanti nell’ambito del progetto Life Lagoon Refresh, un’iniziativa pluriennale per ripristinare il gradiente salino in un’area della Laguna di Venezia. Il progetto, sviluppato da ISPRA, Università Ca’ Foscari (Venezia), Direzione Ambiente della Regione Veneto e altri partner, si è da poco concluso e ha cercato di migliorare lo stato ecologico del sito e aumentare l’abbondanza delle specie vegetali e animali che lo abitano, in particolar modo di quelle più minacciate.
Life Lagoon Refresh è riuscito nel suo intento? Scopriamo insieme come si sta sviluppando l’attività di monitoraggio per verificare i risultati raggiunti.

Il logo del progetto
La laguna veneta
La zona settentrionale della Laguna veneta si è progressivamente antropizzata e salinizzata nel corso degli ultimi secoli, portando alla graduale diminuzione delle specie tipiche e a un generale peggioramento dello stato ecologico. La piantumazione di zolle di canneto e di fanerogame marine, insieme all’immissione di acqua dolce da un fiume limitrofo, sono stati i principali interventi di Life Lagoon Refresh per aiutare l’ambiente a ripristinarsi: la necessità è quella di ricreare un gradiente di salinità, con acque meno salate vicino alla costa e gradualmente sempre più salate mano a mano che ci si sposta verso il mare aperto.
Nel quadro generale di questo intervento di ripristino, la speranza per il futuro è che si instaurino nuovamente comunità tipiche di ambienti di transizione, come è appunto la Laguna veneta.
Il sito del progetto, infatti, fa parte di una ZPS (Zona a Protezione Speciale) e la Laguna di Venezia è sicuramente tra le zone umide più importanti d’Italia, anche per la notevole presenza di specie di uccelli svernanti e nidificanti, che la utilizzano come sosta per le migrazioni.

Immagine satellitare della laguna di Venezia – foto via Cities on Water Archive, researchgate.net
Il monitoraggio ambientale
Per verificare i risultati raggiunti nei mesi e negli anni del progetto, sono state portate avanti diverse linee di monitoraggio: le principali sono quelle riguardanti le matrici abiotiche, le specie animali e lo stato ecologico in generale.
Per la valutazione dello stato ecologico sono stati utilizzati degli indici appositi per la fauna ittica, per le specie vegetali macrofite e per il macrozoobenthos di fondo mobile (ossia gli organismi bentonici che superano il millimetro di lunghezza). Invece, per calcolare il Grado di Conservazione (GdC) sono stati presi in considerazione tre sottocriteri: grado di conservazione della struttura, le possibilità di ripristino e il grado di conservazione delle funzioni.
Quest’ultimo indice dà una misura della quantità di interazione tra le componenti biotiche e abiotiche del sito naturale.
Le attività di monitoraggio delle varie componenti del sito risultano, infatti, essere un elemento essenziale per verificare l’andamento delle modifiche effettuate e la risposta dell’ambiente, dopo aver immesso nella laguna acqua dolce da un corso d’acqua limitrofo. Una delle tecniche di monitoraggio, per esempio, ha previsto l’utilizzo di 3 sonde in continuo agganciate a boe, per misurare parametri come la salinità delle acque. Attraverso altri strumenti sono state invece misurate la temperatura e la trasparenza delle acque, la concentrazione di nutrienti e il contenuto di carbonio organico nell’acqua e nel sedimento.

Campionamento Del Macrozoobenthos – foto via Life Lagoon Refresh
MONITORAGGIO DELLA FAUNA
Una linea di monitoraggio molto importante riguarda la componente biotica: le specie bentoniche, ittiche e di avifauna come stanno ripopolando l’area ripristinata? L’obiettivo principale del progetto è infatti proprio l’aumento della qualità, abbondanza e biodiversità delle specie.
Per far tornare comunità tipiche di un’area di transizione è stata necessaria l’immissione in Laguna di acqua dolce dal fiume Sile: a febbraio 2021, dopo aumenti graduali, si è arrivati a 1000 Litri/secondo. Questo ha permesso di raggiungere un valore medio di salinità della laguna inferiore ai 15 PSU su un’area di oltre 25 ettari e inferiore ai 25 PSU su un’area di oltre 70 ettari. Per avere un’idea di questa quantità, basti pensare che la salinità media dei mari è di 35 PSU.
Per verificare lo stato dell’intera comunità ittica dei bassi fondali nel tempo, è stata usata la pesca con rete a maglia fitta. Questo metodo viene utilizzato a scopi scientifici per catturare pesci di piccola taglia in modo non selettivo.
Qualche mese post operam è stato rilevato un miglioramento delle condizioni generali del sito, raggiungendo lo stato ecologico “buono”, anche nelle stazioni più prossime all’immissione di acqua dolce.
Si è registrato un generale aumento nella presenza di ghiozzetti cenerini (Pomatoschistus canestrinii, tra le specie target del progetto) e di giovanili di cefalo calamita (Chelon ramada) e cefalo dorato (Chelon auratus). I cefali e le passere (Platichthys spp.) sono specie marine migratrici di interesse anche commerciale e i loro giovanili necessitano di ambienti riparati come quelli lagunari per svilupparsi e accrescersi.

Ghiozzetto cenerino – foto via Canva
Per quanto riguarda l’avifauna, i monitoraggi hanno evidenziato un aumento di volpoche (Tadorna tadorna) e fenicotteri; anche laridi e sternidi sono aumentati, frequentando spesso le aree di acqua più dolce, soprattutto per lavare il piumaggio.
Tra le specie di uccelli di interesse conservazionistico, nel post operam sono stati avvistati gabbiani corallini (Ichthyaetus melanocephalus), sterne comuni e fraticelli (Sternula albifrons). Anche i marangoni minori (Microcarbo pygmeus) sono stati riscontrati più frequentemente.
Molti di questi uccelli utilizzano alcuni pali, posati nell’ambito del progetto, come piattaforma per la pesca o per riposarsi.

Gabbiano corallino – foto via Canva
IN CONCLUSIONE
Nelle barene si inizia già a vedere in abbondanza l’astro marino (Aster tripolium), un’erbacea perenne che preferisce acque salmastre a quelle salate: è iniziata una successione vegetale. Il canneto è invece più esigente (servono acque piuttosto dolci) e si sta sviluppando soprattutto nelle aree più prossime all’immissione di acqua dolce.
Per il momento possiamo affermare con una certa sicurezza che la natura ha bisogno di tempo per rispondere agli interventi positivi di ripristino ambientale e risposte più forti si vedranno nel giro di qualche anno, con il continuo monitoraggio e rispetto da parte dell’uomo.
Si prevede infatti un ulteriore ritorno e stabilizzazione di specie ittiche e ornitiche, possibile in futuro grazie all’attecchimento e graduale espansione delle zolle di canneto e fanerogame trapiantate.
Il progetto può sicuramente essere descritto come un’iniziativa importante e ambiziosa, della quale sarà interessante vedere i risvolti futuri e la replicabilità in altre aree italiane ed europee. Tramite un concorso pubblico, infatti, sono stati selezionati 3 siti italiani e 3 siti europei adatti a replicare quanto fatto in Laguna veneta. Nei prossimi anni verranno portate avanti queste iniziative: una strada è stata tracciata!

Barene nell’area di intervento – foto via Life Lagoon Refresh
BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI
Autrice: Giulia Grigoletti
Giulia frequenta la laurea magistrale in Biodiversità ed Evoluzione presso l’Università di Bologna. Da sempre appassionata di animali e piante, cerca di divulgare le bellezze della natura e di sensibilizzare su temi come la sostenibilità ambientale e il rispetto verso tutti gli abitanti del nostro pianeta. Se fosse un animale marino sarebbe una manta gigante, perché è affascinata dalle sue caratteristiche e dalle sue movenze e le trasmette un senso di libertà.