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Un idioma diffuso lungo le coste e al largo del Mar Mediterraneo, capace di connettere le diverse culture, storie e popolazioni che hanno solcato le acque del Mare nostrum.

Scrigno di biodiversità marina, fonte di nutrimento e lavoro per milioni di persone, il Mar Mediterraneo ha una storia antica e complessa, resa ancora più straordinaria dall’incontro tra culture, storie e popoli diversi, che ne hanno solcato le acque ed esplorato le profondità. 

Da Marsiglia a Genova, passando per Istanbul, Tunisi e Algeri, il Mare nostrum ha infatti rappresentato per secoli il fulcro dell’intensa attività commerciale di marinai e pescatori, provenienti dalle coste di Europa, Asia ed Africa. Ma nel passato, prima che l’inglese diventasse una lingua internazionale, come si riusciva a comunicare e farsi comprendere in tutti i porti mediterranei? Parlando il sabir, l’antica lingua del Mar Mediterraneo, che permetteva ad un pescatore turco di dialogare con un commerciante italiano, senza necessità di traduttori. 

Una mappa del Mediterraneo – Immagine via Canva

La lingua del mare

Il sabir, noto anche come lingua franca mediterranea o Petit Mauresque, si stabilizzò come codice convenzionale parlato in tutti i porti del Mar Mediterraneo intorno al XVI secolo. Nei periodi successivi, questa lingua del mare subì una serie di evoluzioni e variazioni, date dall’influenza delle rotte commerciali e mercantili, cadendo infine in disuso nel XIX secolo.

Un solo idioma, diffuso lungo le coste e al largo del Mar Mediterraneo, conosciuto in diverse varianti ma con un lessico di base unico, il sabir era composto principalmente dall’italiano, con l’aggiunta di influenze spagnole, arabe e derivanti da dialetti di origine catalana, sarda, greca, occitana, siciliana e turca. 

L’antica lingua del mare, sempre più diffusa nelle comunità marinaresche, era caratterizzata da una grammatica semplice, con ampio uso di verbi all’infinito e un numero limitato ma sufficiente di vocaboli, il cui utilizzo non si limitava soltanto alle “questioni di mare”: questo idioma, complesso nella sua semplicità, era capace di raccontare tutte le circostanze della vita quotidiana. 

Foto via Canva

L’origine del sabir

Il termine “sabir” viene ricondotto all’opera “Il Borghese gentiluomo” di Moliére, uno dei più importanti autori del teatro classico francese del XVII secolo. La pièce satirica, portata in scena per la prima volta nel 1670 alla corte di Re Luigi XIV, è una parodia delle dinamiche che avevano luogo nel palazzo del Re Sole. 

Nel corso di un’immaginaria “cerimonia turca” svolta per conferire al protagonista un fittizio titolo nobiliare, Molière fa pronunciare al muftì, un alto ufficiale della legge religiosa nei paesi musulmani, le parole “Se ti sabir; Ti respondir; Se non sabir; Tazir, tazir” ovvero “Se tu sai, rispondi. Se non sai, rimani in silenzio”.

Di Jean-Baptiste Poquelin, dit Molière – Bibliothèque nationale de France – immagine via Wikipedia

Secondo gli studiosi di glottologia e linguistica, il sabir rappresenta una tra le più antiche e longeve lingue pidgin oggi conosciute, ovvero quei lessici sviluppati a partire dall’unione di influenze linguistiche differenti, in seguito a fenomeni di migrazioni, colonizzazioni e relazioni commerciali, come per esempio il Chinese Pidgin English e il basco-islandese. 

Trattandosi di un idioma nato per essere principalmente parlato, sono rare e poco affidabili le testimonianze scritte di questa lingua del mare: soltanto nel 1830, in Francia, venne pubblicato il “Dizionario della lingua franca o piccolo moresco”, corredato da un frasario per la vita quotidiana, utile per chiunque volesse lavorare e vivere vicino al mare.

Foto via Canva

Un’unica lingua per un unico oceano

I bacini che compongono l’oceano, piccoli come il Mar Mediterraneo o grandi come l’Oceano Pacifico, sono tutti collegati fra loro e costituiscono un unico sistema interconnesso, in cui sono possibili gli scambi di informazioni e materia. 

Così come dal punto di vista fisico e biologico l’azione delle correnti marine, dei venti, delle maree, della gravitazione terrestre e l’influsso del sole permettono il dialogo tra le diverse parti del Pianeta Oceano, allo stesso modo, ma in ambito socio-culturale, il sabir ha facilitato la comunicazione all’interno del Mar Mediterraneo, rappresentando per un lungo e fiorente periodo la lingua unica di un oceano unico. 

Una lingua del mare, sintesi storica, culturale e geografica di un mare “mediterraneus”, ovvero “in mezzo alle terre”, che ha rappresentato la culla della civiltà occidentale e che  ancora oggi racchiude in sé un tesoro prezioso di biodiversità floristica e faunistica. 

Il Mar Mediterraneo, infatti, nonostante occupi meno dell’1% della superficie complessiva dell’oceano, detiene un vero e proprio primato: la sua ricchezza di specie per area è circa 10 volte superiore alla media mondiale, ospitando 17000 specie di animali e vegetali, ovvero il 18% delle specie (macroscopiche) marine conosciute al mondo.   

Foto via Canva

Bibliografia: 
Autrice: Bianca Bargagliotti

Bianca è Scientific Communication Manager e coordinatrice di SeaMag per Worldrise. Specializzata in Ecologia dei Cambiamenti Globali e Sostenibilità, se fosse un animale marino sarebbe una tartaruga che, così come la sua formazione, unisce mare e terra. 

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