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Anche il mondo sottomarino è esposto all’inquinamento acustico, un fenomeno in gran parte causato dalle attività umane e capace di interferire con la vita degli animali marini.

I suoni dell’oceano, tra l’infrangersi delle onde, gli stridii dei gabbiani e il frusciare della brezza marina sono sinonimo di calma e li ascoltiamo perchè ci infondono un senso di tranquillità, permettendoci di sfuggire ai rumori quotidiani tipici delle città. Tuttavia, anche chi abita nel mondo sommerso può trovarsi a fare i conti con rumori insopportabili e, come sulla terraferma, con l’inquinamento acustico. Approfondiamo questo fenomeno e i suoi effetti sugli ecosistemi marini.

I suoni nel mare: fonti sonore umane, animali e ambientali, con le rispettive onde sonore, approssimativamente proporzionali. – Immagine via NOAA Fisheries

Il suono sott’acqua

Il suono è prodotto dalla vibrazione di un corpo che, oscillando, genera una variazione di pressione del mezzo in cui è immerso, provocando una serie di compressioni e rarefazioni che si propagano come onde sonore, fino a raggiungere l’apparato uditivo. Per propagarsi, il suono ha bisogno appunto di un mezzo, sia esso liquido, gassoso o solido, a seconda del quale varia la velocità e la propagazione dell’onda. Il suono viaggia nell’aria ad una velocità di circa 330 m/s e ancora più rapidamente nell’acqua, dove si sposta ad una velocità di circa 1500 m/s: l’acqua, infatti, essendo un mezzo meno comprimibile dell’aria permette di trasmettere la vibrazione più velocemente.

Le caratteristiche del mezzo, come per esempio la densità, che sott’acqua dipende da pressione, temperatura e salinità, modificano quindi la velocità di propagazione del suono. In mare, il suono viaggia più velocemente nelle acque calde superficiali e più lentamente in quelle fredde e profonde. In profondità, inoltre, quando la pressione della colonna d’acqua sovrastante arriva a controbilanciare l’abbassamento di temperatura, la velocità ricomincia a crescere e nell’oceano più profondo il suono viaggia più rapidamente che in superficie. Nell’ambiente marino il suono può percorrere notevoli distanze, soprattutto quello a bassa frequenza, che può essere udito anche in aree molto vaste, fino al livello di interi bacini oceanici. Pertanto, i rumori generati sulla terraferma possono essere percepiti anche nelle profondità dell’oceano e ciò può avere un impatto significativo per la fauna marina.

Rappresentazione di onde sonore – immagine via Canva

Le sorgenti dei rumori antropici

Oltre che da bellissimi suoni, gli ambienti marini sono investiti anche dai rumori generati dalle attività antropiche. Le sorgenti principali di rumore sono: la navigazione, l’attività di estrazione di gas e petrolio dai fondali, la ricerca dei relativi giacimenti e l’utilizzo dei sonar attivi nelle navi. A queste si aggiunge anche l’attività di dragaggio, di costruzione delle strutture in mare e l’uso dei dispositivi pinger, che emettono suoni tali da allontanare i mammiferi marini e altre specie da attrezzature da pesca e impianti di acquacoltura.

Le navi sono tra le sorgenti più impattanti quando si parla di inquinamento acustico: basti pensare che solamente il suono prodotto dalla cavitazione dell’elica, quando intorno all’elica viene a formarsi un vuoto d’acqua, può diffondersi in un raggio di centinaia di chilometri intorno alla nave che lo ha generato. Il rumore della navigazione cambia inoltre a seconda della tipologia, dimensione e velocità dell’imbarcazione.

Dragaggio – foto via Canva

Anche la ricerca dei giacimenti di combustibili fossili è particolarmente impattante dal punto di vista acustico e sempre più frequentemente viene impiegato il sistema delle prospezioni sismiche, ecologicamente molto distruttivo. Il metodo consiste infatti nella scansione della zona prescelta mediante dei dispositivi che, trainati da navi, emettono suoni ad altissimi livelli di pressione e la cui eco, riflessa dal fondale, rivela presenza, profondità e tipologia del giacimento.

Il ruolo biologico del suono

L’oceano è un habitat caratterizzato da scarsa luminosità ma, come si è visto, da buonissima acustica e alcuni organismi acquatici si sono adattati a queste condizioni sviluppando un forte senso dell’udito, che permette loro di utilizzare l’eco-localizzazione, anche detta biosonar. Si tratta di un sistema tipico degli odontoceti, mammiferi marini come delfini o capodogli, che lo usano per cercare cibo, comunicare, riprodursi e orientarsi nell’ambiente circostante. 

L’animale emette un suono che rimbalza su un oggetto provocando un’eco, che torna indietro fornendogli informazioni sulla distanza e sulle caratteristiche di quell’oggetto. Il suono ha dunque un ruolo essenziale per la vita di questi animali, per i quali l’udito è importantissimo per destreggiarsi in mare. I rumori antropici interferiscono con le funzioni vitali di questi animali che dipendono dal suono, impattando negativamente sulla loro vita.

Capodoglio – foto via Canva

Gli impatti del rumore sulla fauna marina

L’inquinamento acustico marino è oggetto di studio solo da poco tempo, ma negli ultimi anni sono sempre più documentati gli impatti per la fauna marina. In particolare, è stato provato il danno causato a molte specie dal rumore dei sonar delle imbarcazioni, le cui onde sonore si possono diffondere per centinaia di chilometri in mare, provocando negli animali anomalie nel comportamento, perdita dell’udito, lesioni gravi e anche la morte. Infatti, numerosi sono gli spiaggiamenti di mammiferi marini rinvenuti durante le esercitazioni di navi militari che utilizzavano i sonar.

Un ulteriore rumore pericoloso per la fauna marina è quello causato dalle navi mercantili, che viene emesso ad una frequenza tale da interferire con i suoni prodotti dagli animali, soprattutto delle balene. Molti animali, a causa dell’inquinamento acustico, hanno cambiato le proprie abitudini: nell’Artico, per esempio, alcuni hanno deviato le proprie rotte di migrazione, come il beluga che cerca di evitare le imbarcazioni che navigano nei mari artici. Inoltre, è stato segnalato dall’ IPCC (Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) che l’acidificazione dei mari, causata da un incremento di CO2 disciolta in acqua, può accrescere l’inquinamento acustico sottomarino, poiché diminuisce la capacità dell’acqua di assorbire i suoni a bassa frequenza.

Megattere – foto via Canva

Proteggere il mondo sottomarino dall’inquinamento acustico

I rumori delle attività antropiche disturbano gli abitanti del mondo sottomarino, tanto che si parla di “inquinamento acustico”. Nella Convenzione sul diritto del mare del 1982 questo fenomeno è definito come “l’introduzione diretta o indiretta, conseguente alle attività umane, di sostanze o energia nell’ambiente marino, compreso il rumore sottomarino prodotto dall’uomo, che provoca o che può provocare effetti deleteri come danni alle risorse biologiche e agli ecosistemi marini, inclusa la perdita di biodiversità”. È un problema ambientale che deve essere affrontato per tutelare l’ecosistema marino, agendo sulle fonti che generano i rumori impattanti.

L’Unione Europea, per prima a livello globale, ha adottato a fine novembre 2022 una raccomandazione sui livelli massimi accettabili di rumore sottomarino, nel quadro del Zero Pollution Action Plan. Si distinguono due forme di rumore, quello continuo, come il traffico marittimo, che incide per il 27% dell’area marina europea, e quello impulsivo o temporaneo, come l’estrazione di gas e petrolio. È stabilito che, per proteggere l’ambiente sottomarino:

  • non più del 20% di un’area può essere esposta a rumori continui in un anno;

  • non più del 20% dell’area può essere esposta a rumori temporanei in un giorno;

  • non più del 10% dell’area può essere esposta a rumori temporanei in un anno.

Tali soglie sono state sviluppate all’interno della Marine Strategy Framework Directive, che ha come obiettivo quello di monitorare, valutare e implementare misure per proteggere l’ecosistema marino. Ogni Stato Membro dovrà quindi sviluppare delle proprie strategie per rispettare tali limiti. Inoltre, la riduzione del rumore prodotto dalle navi è un tema su cui anche l’International Maritime Organisation (IMO), l’istituto delle Nazioni Unite che si occupa di rendere il trasporto marittimo internazionale più sicuro e sostenibile, sta ponendo attenzione.

foto via Canva

Bibliografia:
Autrice: Graziella Pillari
Graziella è consulente ambientale e scrive per il magazine SeaMag di Worldrise, unendo la passione per l’ambiente alla scrittura. Se fosse un animale marino sarebbe un pesce pagliaccio, che vive nella coloratissima barriera corallina. 

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