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Quando le acque fredde, profonde e ricche di nutrienti risalgono in superficie portando con sé cibo per la fauna marina, si parla di upwelling. Approfondiamo meglio questo fenomeno marino.

L’upwelling è un fenomeno fisico definito come la “risalita delle acque profonde”. Come si intuisce dal suo nome, le acque fredde risalgono verso la superficie dell’oceano, mosse dal vento e dalle correnti. Ciò si verifica perché i venti, soffiando parallelamente alla costa, producono una corrente che viene deviata in direzione perpendicolare, verso il largo, facendo risalire l’acqua degli abissi.
La dinamica di risalita determina una “
sostituzione” dell’acqua calda superficiale con quella più fredda e profonda, ricca di nutrienti. Queste sostanze, in presenza della luce solare, contribuiscono a far fiorire il fitoplancton, elemento base della catena alimentare dell’ecosistema marino.

Il processo inverso è chiamato “downwelling” e avviene quando il vento provoca lungo la costa un accumulo di acqua di superficie, che alla fine affonda portando con sé ossigeno. 

Foto via Canva

Gli effetti dell’upwelling

L’upwelling è un meccanismo essenziale per la salute dell’oceano e produce degli effetti importanti, anche se non sempre positivi. Il più rilevante riguarda la quantità di nutrienti che risalgono dalle acque profonde e risultano disponibili per la fauna marina.
Dove avviene il processo di upwelling si sviluppano, infatti, ecosistemi molto produttivi: si tratta di zone note per essere ricche di pesci, quindi ottime per la pesca che sostiene le economie del luogo. Tali ecosistemi si estendono solo per l’1% dell’Oceano, ma forniscono oltre il 50% del pescato mondiale. Tra queste aree ci sono quelle delle coste orientali, anche dette
Eastern Boundary Upwelling Systems (EBUS); una delle quali  si trova a largo della costa occidentale del Perù e si estende per oltre 25.000 km2

Un secondo effetto è il movimento della fauna marina: in questo caso si tratta di un aspetto critico e negativo del fenomeno di upwelling. Le larve di molti pesci e invertebrati possono essere trasportate dalle correnti oceaniche per lunghi periodi di tempo, ma il movimento causato dall’upwelling può allontanarle dall’habitat naturale, spingendole verso il largo e mettendone così a rischio la sopravvivenza.

Infine, la risalita delle acque ha un’influenza anche sul clima delle coste, poiché l’acqua che arriva in superficie raffredda l’aria, favorendo la formazione di nebbia marina. San Francisco è un caso emblematico di questo fenomeno, famosa per le estati fredde e nebbiose, proprio causate dall’upwelling.

San Francisco – Foto via Canva

Gli EBUS

Le regioni più produttive dell’oceano globale e caratterizzate da upwelling sono 4:  sono chiamate Eastern Boundary Upwelling Systems (EBUS), determinate da processi dinamici complessi. Sono il California Current System (Calcs), lungo la costa occidentale del Nord America, il Canary Current System (CanCS), al largo dell’Africa nord-occidentale, l’Humboldt Current System (HCS), al largo del Perù e del Cile, e il Benguela Current System (BenCS), al largo della costa dell’Africa sud-occidentale.

Queste regioni sono simili per le dinamiche che causano il fenomeno, ma diverse per esempio per la produttività primaria e di fitoplancton. Infatti, le osservazioni che gli scienziati hanno fatto con il telerilevamento mostrano come l’upwelling sia estremamente variabile da una regione all’altra e nel tempo. I fattori che incidono maggiormente sulla variabilità del fenomeno sono la forza e la direzione dei venti e la topografia della costa. In alcune zone, l’acqua fredda forma una fascia stretta vicino alla costa, in altre si formano filamenti di acqua fredda che si estendono per centinaia di miglia dalla riva in luoghi specifici.

Foto via Canva

Il clima che influisce sull’upwelling

L’upwelling è strettamente legato alla variabile del vento e all’andamento delle correnti oceaniche, a loro volta dipendenti da fattori come la temperatura superficiale e la salinità delle acque. I cambiamenti climatici, che stanno già alterando le caratteristiche fisico-chimiche degli oceani, influenzano l’andamento delle correnti e di conseguenza possono impattare anche sull’upwelling. In particolare, l’aumento della temperatura superficiale dei mari può limitare la risalita delle acque profonde, provocando quindi una riduzione dei nutrienti a disposizione degli animali marini. Un minore upwelling si traduce in una riduzione di pesce, cosa che può danneggiare anche l’economia dei paesi costieri che dipendono dalla pesca. 

Un rallentamento dell’upwelling si verifica, in particolare, durante il fenomeno meteorologico di El Niño, quando il clima dell’Oceano Pacifico cambia in modo considerevole a causa dell’aumento della temperatura delle acque, che modifica la circolazione equatoriale dei venti e l’andamento delle precipitazioni. Si è visto come l’evento rallenti la corrente di Humboldt, che caratterizza proprio una delle 4 regioni EBUS, con una riduzione della pescosità della zona lungo la costa del Cile e del Perù. 

Il doppio effetto di El Nino: siccità e uragani – foto via Canva

Upwelling artificiale?

È possibile riprodurre il fenomeno dell’upwelling in modo artificiale? È quello a cui alcuni scienziati stanno lavorando, cercando di creare delle aree nel Golfo del Messico e nel sud ovest dell’Australia dove la risalita delle acque profonde avvenga in modo artificiale, pompando acqua fredda in superficie, così da aumentare le colture ittiche. Alcuni primi esperimenti sono stati svolti vicino alle Hawaii, ma per realizzare questo progetto è necessaria una tecnologia complessa e un’attenta valutazione dell’impatto ecologico e ambientale.

Bibliografia:
Autrice: Graziella Pillari
Graziella è consulente ambientale e scrive per il magazine SeaMag di Worldrise, unendo la passione per l’ambiente alla scrittura. Se fosse un animale marino sarebbe un pesce pagliaccio, che vive nella coloratissima barriera corallina. 

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