Immergiamoci tra le mille sfumature di azzurro del mare per scoprire l’importanza dei colori per gli animali del mondo sommerso!
Il mondo acquatico è profondamente diverso da quello terrestre: la luce filtra solo nello strato superficiale dell’acqua e la maggiore densità del mezzo riduce notevolmente la visibilità. Nonostante questo, però, la vista risulta essere un senso importante per molti animali marini e i pattern colorati che molti di essi esibiscono sono uno strumento di comunicazione intra- e interspecifico significativo. Andiamo quindi a vedere più nel dettaglio come i colori vengono percepiti in mare!

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Il Grande Blu
Perché il mare è blu nonostante l’acqua sia un fluido trasparente? Dipende tutto dalle caratteristiche della luce! Il Sole, infatti, invia un ampio spettro di energia elettromagnetica, di cui fa parte la luce visibile. La luce bianca è composta da tutti i colori dello spettro visibile, che vengono assorbiti o riflessi dagli oggetti a seconda delle loro proprietà: ad esempio, ciò che ci appare blu viene percepito così dai nostri occhi perché assorbe tutti i colori tranne quest’ultimo.
L’acqua di mare fa da filtro rispetto alla luce bianca, che penetra fino ad una profondità massima di circa 1000 m. Già ad 1 m di profondità, però, rimane solo il 45% dell’energia solare che cade sulla superficie dell’oceano; a 10 m è ancora presente solo il 16% della luce e a 100 metri solo l’1%. Inoltre, gli oceani assorbono le diverse lunghezze d’onda della luce a velocità differenti: le lunghezze d’onda più lunghe vengono assorbite per prime rispetto alle altre. Per questo motivo il rosso viene assorbito nei primi 20 m, l’arancione a circa 40 m e il giallo prima dei 100 m. Le lunghezze d’onda più corte penetrano ulteriormente, con la luce blu che raggiunge le profondità più lunghe. Il blu è quindi l’unico colore della luce disponibile in profondità sott’acqua e, di conseguenza, il mare ci appare di questa tonalità.

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L’acqua costiera però si presenta spesso con sfumature tendenti al verde. Ciò si verifica a causa della presenza di limo sospeso, alghe e fitoplancton. Gli organismi vegetali, infatti, assorbono altre componenti dello spettro visibile grazie ai loro pigmenti fotosintetici, lasciando il verde come lunghezza d’onda dominante della luce riflessa. Pertanto, maggiore è la concentrazione di fitoplancton nell’acqua, più questa appare verde.
Il mondo luminoso delle acque superficiali
L’attività dei pesci che vivono nelle acque superficiali, specialmente quelli del reef, ha dei picchi nei momenti di luce più intensa, a causa della foto-dipendenza del fitoplancton: muoversi in un ambiente luminoso ha fatto sì che la maggior parte della specie ittiche diurne evolvesse un sistema visivo altamente sviluppato, in grado di discriminare tutti i colori dello spettro e con un massimo di acuità nelle lunghezze d’onda del giallo e del blu.
Scendendo in profondità, invece, la luce diventa sempre più fioca. Molti pesci profondi o notturni, come i pesci soldato e gli occhioni, possiedono livree rosse proprio perché a quelle profondità appaiono come tali, essendo questo colore il primo a scomparire: infatti, essere rossi già a -30 m equivale a non avere un colore. Anche l’acuità visiva, dopo un picco per i pesci mesopelagici, inizia a decrescere con l’aumento della profondità.

Pesci soldato – foto via Canva
Le livree dei pesci e la loro capacità di percepire i colori, dunque, hanno precisi significati evolutivi e riflettono il loro ruolo nell’ecosistema marino. Solitamente le specie più colorate si trovano in ambienti tropicali a basse profondità e il loro pattern cromatico manda messaggi specifici agli altri abitanti del reef.
Un colore per la sopravvivenza
In mare sono molti gli animali che utilizzano il colore della loro livrea per evitare la predazione. Tra questi ci sono i mimi criptici, che si camuffano imitando l’ambiente circostante: esempi di questa categoria sono la sogliola, l’arlecchino dei Sargassi e l’Hippocampus denise. Quest’ultimo, in particolare, è un cavalluccio marino che, presentando numerose escrescenze rosate sulla superficie corporea, si nasconde perfettamente tra le gorgonie: è addirittura in grado di variare la sfumatura della sua livrea a seconda della specie che gli offre rifugio.

Hippocampus denise – Foto di Swanson Chan via Unsplash
Per confondere i predatori, alcune specie ittiche, come i pesci farfalla, hanno ideato un’altra strategia ingegnosa: possiedono una banda scura verticale che copre la zona dell’occhio e un falso occhio in posizione caudale. Il predatore, in questo modo, percepisce la parte posteriore come una testa e lì attaccherà, dando modo al pesce di poter sfuggire nuotando in avanti.
L’accumulo di sostanze tossiche è un altro meccanismo evoluto dalle potenziali prede a scopo difensivo. La presenza di veleni è solitamente segnalata con colorazioni accese e forti contrasti cromatici: si parla in questo caso di aposemantismo. Il colore è dunque utilizzato come un avvertimento e, se l’input risulta essere lo stesso per più specie, il predatore impiegherà meno tempo per impararlo e ricordarsi di evitare gli organismi caratterizzati da uno specifico colore. È per questo motivo che animali anche filogeneticamente distanti fra loro mostrano convergenza evolutiva nella livrea, un fenomeno noto come mimetismo mülleriano.

Pesce farfalla, Chaetodon ulietensis – foto via Canva
L’arte dell’inganno
Non sempre, però, una colorazione vistosa è spia della presenza di veleni, perché in alcuni casi si tratta… di un inganno! Si parla di mimetismo batesiano quando un animale innocuo imita la livrea di uno velenoso, ricavando in questo modo protezione. Il predatore, infatti, riterrà erroneamente di essere di fronte a una specie immangiabile e cercherà altre prede. È il caso del pesce lima Paraluteres prionurus, che presenta una colorazione identica a quella del pesce palla velenoso Canthigaster valentini o della forma giovanile del pesce pipistrello Platax pinnatus, che assume una livrea arancio e nera tipica di molti platelminti tossici.

Pesce palla velenoso. Canthigaster valentini – foto via Canva
Non solo i predatori, però, vengono ingannati. Infatti, le forme giovanili di molte specie territoriali, come i pomacentridi, spesso hanno un colore diverso della livrea per non essere riconosciuti come conspecifici dagli individui dominanti. Ad esempio, nella castagnola (Chromis chromis), specie endemica del Mediterraneo, la forma giovanile è blu, mentre gli adulti sono bruni: ciò fa sì che i piccoli non scatenino risposte aggressive da parte degli individui maturi, che in tal modo consentono loro di nutrirsi nello stesso ambiente.
Colori e seduzione
Molti pesci cambiano colore nelle diverse fasi della loro vita. La colorazione più appariscente si riscontra generalmente nei maschi sessualmente attivi che, in questo modo, sono sì più visibili dai predatori, ma anche più attraenti per le femmine: il successo riproduttivo compensa quindi l’aumentato rischio di mortalità. Questa caratteristica è presente in molte specie di labridi, tra cui in particolare quelli appartenenti ai generi Coris e Thalassoma: i maschi in parata nuziale esibiscono un vistoso pattern cromatico, contraddistinto da forti contrasti di colore.

Thalassoma pavo – foto via Canva
Le colorazioni degli organismi marini non sono dunque solo affascinanti ai nostri occhi, ma giocano anche un ruolo cruciale per la vita degli individui e dell’ecosistema stesso.
Bibliografia e sitografia
- http://www.biologiamarina.eu/Luce_in%20_acqua.html
- Atlante di flora e fauna del reef, Massimo Boyer, editore Il Castello
- Boscolo, Alice. “Confronto tra mimetismo Mulleriano e Batesiano.”
- Guidetti, Paolo, et al. “Abundance and size structure of Thalassoma pavo (Pisces: Labridae) in the western Mediterranean Sea: variability at different spatial scales.” Journal of the Marine Biological Association of the United Kingdom 82.3 (2002): 495-500.
- Stiling, Peter D. Ecology: theories and applications. Vol. 4. Upper Saddle River: Prentice Hall, 1996.
- Tyler, James C. “Mimicry between the Plectognath Fishes Canthigaster Valentini (Canthigasteridae) & Paraluteres Prionurus (Aluteridae).” Academy of Natural Sciences, 1966.
- Lourie, Sara A., and John E. Randall. “A new pygmy seahorse, Hippocampus denise (Teleostei Syngnathidae) from the Indo-Pacific.” ZOOLOGICAL STUDIES-TAIPEI- 42.2 (2003): 284-291.
- https://antropocene.it/2020/05/30/mimetismo-batesiano/
Autrice: Sara Parigi
Sara è volontaria Worldrise e autrice per SeaMag dal 2021. Attualmente è iscritta al terzo anno di Scienze Biologiche presso l’Università di Firenze. Appassionata di cetacei fin da quando era bambina, se fosse un animale marino sarebbe una balenottera, un po’ schiva e introversa, ma anche pacata e razionale.