Un'avventura tra mare, studio e spensieratezza: il WCC è questo e molto altro. Ripercorriamo la quinta settimana di Campus attraverso il racconto di chi ha partecipato in prima persona.
La maggior parte degli studenti concorda sul fatto che l’università italiana presenti una pecca: benché i nostri atenei eccellano dal punto di vista dell’offerta formativa teorica, mancano di esperienza pratica sul campo.
I corsi di studio in Biologia marina non sono da meno e il Worldrise Conservation Campus si propone di rappresentare un efficace ponte di congiunzione tra i contenuti teorici appresi sui banchi universitari e ciò che viene richiesto nel mondo del lavoro.
La quinta settimana di Campus
Dal 4 al 9 Ottobre 2021 ho avuto l’opportunità di partecipare alla quinta (ed ultima) settimana della prima edizione del WCC, che si è svolta a Golfo Aranci, in Sardegna, poco prima dell’inizio del periodo autunnale e dell’evolversi della situazione meteo-marina verso condizioni più avverse alle attività sul campo, come abbiamo avuto (purtroppo) modo di constatare.
I trainer del campus sono stati Ubaldo e Cristina: con Ubaldo si sono trattati i temi di fotogrammetria, tecniche di analisi GIS (Geographical Information System), le tecniche di monitoraggio costiero CARLIT tramite macroalghe e lo studio di habitat chiave dell’ambiente mediterraneo, come il coralligeno e le praterie di Posidonia oceanica; con Cristina, invece, abbiamo parlato di tecniche di monitoraggio delle popolazioni di cetacei, in particolare per quanto riguarda il tursiope, protagonista del progetto “Il Golfo dei Delfini” portato avanti da Worldrise proprio in Sardegna.
The show must go on
Purtroppo, come anticipato, il campus di Ottobre è stato funestato da un meteo ben poco clemente: le previsioni davano tempesta per tutta la settimana, pertanto Cristina e Ubaldo si sono immediatamente mobilitati per modificare il piano didattico predefinito, in modo da riprogrammare le attività sul campo per i primi giorni, quelli in cui il meteo permetteva ancora l’uscita in barca.
Per fortuna, poi, le previsioni si sono rivelate sbagliate, con una settimana sì caratterizzata da vento forte e cielo rannuvolato, ma nessuna tempesta tra quelle profetizzate.
Nonostante l’intoppo, tutte le attività sono state svolte come previsto grazie alle capacità organizzative del team, dandoci la possibilità di partecipare alle escursioni sul campo che, a mio avviso, sono state fondamentali per valorizzare ancora di più questa esperienza formativa.
Il software GIS, dalla teoria…alla pratica
Durante la mia carriera universitaria, ho incontrato tanti corsi che si proponevano di insegnare l’utilizzo del software GIS, uno strumento fondamentale per il monitoraggio ambientale, soprattutto in ambito lavorativo, sia aziendale che di ricerca. In ogni caso, però, mancava un elemento fondamentale: la poca, se non nulla, proiezione delle attività sul campo.
I corsi universitari per insegnare l’uso di GIS, se presenti (spesso sono esclusivi dei corsi di laurea in ingegneria), sono spesso focalizzati sul suo utilizzo esclusivamente al computer.
Il GIS è certamente un software informatico, pertanto non può non avere una componente di lavoro al computer, tuttavia manipola dati ambientali raccolti sul campo: è qui che il Worldrise Conservation Campus, unito alla ricchissima esperienza del trainer Ubaldo, è stato capace di distinguersi, offrendoci l’occasione (rara) di toccare con mano ciò che, fino a quel momento, era rimasto solo al di là di uno schermo.
La mia emozione più grande durante il Campus è stata, infatti, quella di poter utilizzare in prima persona gli strumenti che mi avrebbero poi fornito i dati che avrei elaborato tramite il programma GIS: dal lavoro sul campo all’elaborazione informatica nel giro di poche ore.
L’escursione in barca
Fin da subito, quindi, ci siamo ritrovati a operare sul campo: essendo la seconda giornata della nostra settimana la migliore secondo le previsioni per un’uscita in barca, Cristina ha deciso di approfittarne.
Saliti sul gommone, abbiamo raggiunto i dintorni dell’isola di Figarolo, dove solitamente si svolge il monitoraggio dei tursiopi, proprio accanto alle reti di un allevamento ittico.
Com’era prevedibile, abbiamo subito incontrato un gruppo di tursiopi, probabilmente dei giovani, secondo l’occhio esperto di Cristina.
Come team, ci siamo suddivisi in modo che ognuno di noi avesse un compito, dal tenere traccia delle coordinate della barca attraverso il GPS e descrivere i comportamenti dei delfini, al fondamentale (e difficile) ruolo di usare la macchina fotografica per immortalare quanto meglio possibile le pinne dorsali degli esemplari, per poi dedicarci alla successiva fotoidentificazione.
Data la rapidità con cui i tursiopi comparivano e scomparivano sulla superficie, vien da sé che solo occhi e mani esperte fossero in grado di catturare le foto al momento giusto, ma seguendo i consigli di Cristina abbiamo fatto tutti del nostro meglio per immortalare i giovani esemplari.
Il metodo CARLIT
Lo stesso giorno, poi, abbiamo approfittato dell’uscita in barca per effettuare un transetto lungo la costa dell’isola di Figarolo tramite il metodo CARLIT, che misura lo stato di disturbo ecologico delle scogliere rocciose marine, attraverso l’analisi delle specie che compongono la vegetazione a macroalghe.
Grazie ad una fotocamera gopro subacquea e a una boa munita di GPS, abbiamo seguito la linea di costa scattando delle foto-tag per ogni mutamento delle popolazioni vegetali marine o della morfologia di costa. Questi dati sono stati poi elaborati in aula tramite GIS, per ricreare un transetto munito di foto sulla mappatura satellitare e aggiungendo anche effetti visivi in grado di riportare ad occhio i valori della tabella del metodo CARLIT.
Gli strumenti del mestiere
Sicuramente le attività sul campo che hanno generato più interesse sono state quelle basate sull’utilizzo di strumenti di supporto peculiari, quali il drone e lo scooter acquatico.
Benchè il vento abbia continuato a battere con forza nel golfo per tutta la durata del corso, con Ubaldo siamo riusciti ad effettuare qualche volo con il drone nella caletta vicino la dimora del campus, dove è stato possibile effettuare una fotoscansione dell’intera spiaggia e ognuno di noi si è potuto cimentare nel pilotaggio di questo simpatico oggetto ronzante.
Successivamente, tutte le foto riprese dal drone sono state inserite in GIS, dove abbiamo potuto osservare come il programma fosse in grado di generare immagini tridimensionali tramite fotogrammetria, mentre con le foto aeree abbiamo potuto calcolare l’area di prateria di Posidonia oceanica presente sulla spiaggia.
Anche l’uso dello scooter acquatico è stato effettuato nella quinta spiaggia di Golfo Aranci, ed è stato utile per tenere traccia del perimetro della prateria di Posidonia oceanica presente nell’area.
L’esercizio è stato effettuato in coppia, in modo che una persona mantenesse ferma la boa con il GPS, mentre l’altra guidava lo scooter acquatico, effettuando foto tag in ogni momento in cui la prateria cambiava conformazione.
Anche in questo caso i dati sono stati estrapolati ed elaborati tramite il programma GIS, in modo da creare un elemento visivo intuitivo su mappa satellitare dell’evoluzione del limite della prateria, tra limite vivo, matte morta o sabbia.
Lo snorkeling
L’attività più insidiosa è stata forse quella svolta per le analisi della prateria di Posidonia oceanica: ci siamo immersi in snorkeling, per osservare la prateria di Posidonia presente a circa 15 metri dalla battigia. Lì abbiamo provato il conteggio dei fasci fogliari, usando due diversi quadrati e i risultati, per noi studenti un po’ alle prime armi, sono stati veramente vari.
Come nel caso della fotografia alle pinne dei tursiopi, anche qui l’esperienza dei nostri insegnanti ha fatto decisamente la differenza: provare a contare i fasci fogliari senza un metodo è stato drammatico, trovandosi quasi subito in difficoltà nell’infinità di foglie in cui eravamo immersi, con il rischio di sottostimare o sovrastimare il conteggio e la guida di Ubaldo è stata per noi fondamentale per ottenere un buon risultato finale.
Fare snorkeling nel mezzo della prateria, a pochi centimetri dai rizomi delle piante, ci ha fatto veramente scoprire le meraviglie di questo habitat, tra scorfanetti, tordi, molluschi bivalvi, come l’arca di noè, foraminiferi rosa incrostanti, come la Miniacina miniacea o tunicati, come il Microcosmus.
Perchè partecipare al Campus?
Oltre al valore formativo evidente di questa esperienza, il Worldrise Conservation Campus è stata una vera e propria avventura, tra mare, studio e spensieratezza, che auguro davvero a tutti di provare, per mettersi alla prova con nuove attività e condividere con tanti altri giovani appassionati di biologia e conservazione le bellezze del mondo sottomarino.