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Andrea Centini, giornalista di Fanpage, racconta per Worldrise l’istituzione in Europa del primo Whale Heritage Site, per un turismo sostenibile e responsabile alla scoperta delle balene.

Negli ultimi decenni il turismo naturalistico ha avuto una crescita significativa e, tra i settori che stanno riscuotendo sempre più successo, vi è il whale watching, ovvero l’osservazione dei cetacei nel proprio ambiente naturale. 

Esistono diverse aziende che offrono questa indimenticabile esperienza anche in Italia, spaziando da escursioni “mordi e fuggi” di qualche ora fino a vere e proprie crociere nel cuore del Mar Mediterraneo. Nelle acque che bagnano il nostro Paese, del resto, vivono abitualmente otto specie di cetacei: dalla giocosa stenella striata all’imponente capodoglio, passando per il meno conosciuto zifio; magnifici animali in grado di suscitare grandi emozioni in chiunque li incontri in natura, liberi e selvaggi. 

Molto spesso le società di whale watching sono strettamente coinvolte in progetti di ricerca e tutela ambientale, accompagnando i ricercatori durante le uscite per tenere traccia degli avvistamenti e raccogliere dati. Si tratta di un’attività fiorente e virtuosa in diverse parti del mondo, in alcuni casi nata persino dalle “ceneri” della tradizione baleneria. 

Whale Watching nelle acque dell’Islanda – via Unsplash

Se non rigidamente regolamentata, però, questa attività rischia di avere un impatto devastante sul benessere della fauna selvatica. Nel Santuario Pelagos per la protezione dei mammiferi marini, così come altrove, vi sono diverse e indispensabili norme da rispettare per tutelare i cetacei: distanza, velocità, numero delle imbarcazioni in approccio, tempo di osservazione e posizione da mantenere sono le principali regole che gli equipaggi sono tenuti a seguire e non valgono solo per chi ha una licenza nel cassetto, ma per chiunque avvisti balene e delfini nel proprio habitat naturale, compresi i diportisti di passaggio.

In varie parti del mondo, del resto, il traffico navale legato al turismo è talmente intenso da rappresentare un serio pericolo per la vita dei cetacei. Si può citare come esempio uno dei luoghi simbolo per l’osservazione dei mammiferi marini in Europa, l’isola di Tenerife, la più amata delle Canarie, arcipelago spagnolo bagnato dall’Oceano Atlantico. Nelle sue splendide acque si possono osservare circa trenta specie di cetacei (delle 90 conosciute), la maggior parte delle quali è stagionale e migratrice. Alcune, tuttavia, sono stanziali e dunque presenti tutto l’anno, come il tursiope (il “prototipo” di delfino), il capodoglio e il globicefalo, vera e propria icona della regione. Innanzi a Tenerife, infatti, vive una popolazione stabile di circa 500 globicefali di Gray (Globicephala macrorhynchus) o, come le chiamano gli anglosassoni, “balene pilota dalle pinne corte”. Nonostante il nome comune possa trarre in inganno, non si tratta affatto di vere balene (misticeti con i fanoni), ma di odontoceti con i denti. Sono infatti tra i più grandi rappresentanti della famiglia dei delfinidi, i cui maschi possono raggiungere i 6 metri di lunghezza massima. 

Pinna caudale di un capodoglio (Physeter macrocephalus) in immersione – foto di Andrea Centini

La costante presenza di questi magnifici cetacei nelle acque di Tenerife attira un numero significativo di imbarcazioni e, purtroppo, la grande pressione sugli animali può sfociare in tragedia, nonostante gli sforzi delle autorità locali nel promuovere la tutela dei mammiferi marini. Alla fine di marzo del 2019 accadde un episodio emblematico: i veterinari e i biologi marini locali furono avvisati della presenza di un globicefalo con la pinna caudale tranciata, che “sembrava piangere”. Quando lo raggiunsero, l’esemplare era circondato dagli altri membri del suo pod (i globicefali sono animali estremamente sociali e intelligenti). Purtroppo le sue condizioni erano disperate: la gravità della ferita non avrebbe lasciato scampo allo sfortunato esemplare, così si prese la dolorosa decisione di catturarlo e sopprimerlo. L’arduo compito spettò al dottor Jacobo Marrero Pérez che, tra le lacrime, mentre praticava l’eutanasia si scusò per la sofferenza inflitta dall’uomo. Come sottolineato all’epoca dai ricercatori, ogni anno nelle acque di Tenerife vengono “ufficialmente” uccisi dalle eliche delle imbarcazioni dai 2 ai 3 cetacei, ma si tratterebbe di un’ampia sottostima. Basti pensare che nei primi 4 mesi del 2019 furono ben 12 i cetacei ritrovati spiaggiati con ferite compatibili con l’impatto di un’imbarcazione. Si tratta di un problema enorme anche nel Mar Mediterraneo, soprattutto per le balenottere comuni, per le quali è annoverato tra le principali cause di morte e le terribili storie degli esemplari soprannominati dai ricercatori “Codamozza” e “Mezzacoda” stanno lì a ricordarcelo.

Globicefalo con pinna caudale tranciata- foto di Francis Pérez

Nonostante la pressione antropica sui cetacei possa rappresentare un rischio significativo, le acque attorno all’isola spagnola di Tenerife restano comunque uno dei luoghi migliori al mondo per praticare il whale watching in modo responsabile e sostenibile. Non a caso, l’area marina protetta di 22 chilometri che passa tra Tenerife e La Gomera ha conquistato, all’inizio del 2021, il titolo di Whale Heritage Site il primo sito europeo considerato patrimonio per la conservazione e la salvaguardia dei cetacei. 

Santuari e aree marine protette per i mammiferi marini esistono da tempo, come il già citato Pelagos che coinvolge tratti di mare di tre Paesi (Principato di Monaco, Italia e Francia), ma il Whale Heritage Site – rilasciato dalla World Cetacean Alliance, tra le più grandi organizzazioni internazionali impegnate nella tutela dei cetacei – è una certificazione specifica di “Responsible Watching”, ovvero di osservazione responsabile e sostenibile dei cetacei nel proprio ambiente naturale. Quello di Tenerife è stato il terzo al mondo ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento, dopo Hervey Bay in Australia e The Bluff in Sudafrica. 

Mappa del Certified Whale Heritage Site a Tenerife

Come spiegato dalla World Animal Protection, che sostiene in prima linea il progetto della World Cetacean Alliance, la certificazione si ottiene incoraggiando la rispettosa convivenza tra uomini e cetacei, puntando su sostenibilità ambientale, sociale ed economica, sviluppando la ricerca, l’educazione e la consapevolezza in tema di cetacei. Tutti punti abbracciati dalle autorità delle Canarie e fortemente sostenuti dall’Associazione Cetacei Tenerife (ACEST).

“La designazione del primo sito patrimonio europeo delle balene è un meraviglioso passo avanti per il turismo responsabile”, ha dichiarato Elizabeth Cuevas, Whale Heritage Sites Manager presso la World Cetacean Alliance. “Riteniamo che il sito stia rapidamente diventando un punto di riferimento mondiale nell’osservazione sostenibile di balene e delfini – ha aggiunto la dirigente – e questa certificazione aiuterà la comunità locale riconoscendo pratiche responsabili di osservazione delle balene supportate dagli sforzi di ricerca e conservazione”

megattera (Megaptera novaeangliae) – foto di Andrea Centini

L’ecosistema marino dell’area coinvolta era già fortemente protetto, grazie a due Aree Speciali di Conservazione (ZSC) e varie norme a tutela dei mammiferi marini, e il nuovo status non farà altro che rendere il whale watching ancora più virtuoso e “alleato” della fauna marina. Il modo giusto per ammirare i cetacei è in natura, liberi, non rinchiusi in parchi acquatici e delfinari, dove sono condannati a una vita di privazione e sofferenza e solo con un mare protetto potremo continuare a emozionarci innanzi a questi meravigliosi animali, anche negli anni a venire.   

Fonti:
Autore: Andrea Centini

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