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Alla scoperta delle foreste di kelp: un ecosistema tanto produttivo e dinamico quanto fragile, che dobbiamo imparare a proteggere.

Le foreste di kelp sono ecosistemi presenti nelle acque temperate alle medio-alte latitudini e che, così come le foreste pluviali terrestri, ospitano una cospicua variabilità di organismi. Worldrise vi accompagnerà alla scoperta di questo mondo sommerso: tuffiamoci per scoprirne le meraviglie!

Foto di Shane Stagner via Unsplash

 

MACROALGHE PARTICOLARI

Le foreste di kelp sono formate da grandi alghe brune frondose, tra cui spiccano quelle dei generi Macrocystis e Laminaria. Si estendono per 5-10 km dalla linea di costa e si possono trovare dai 20 m di profondità fino a zone in cui la luce diventa limitante per la loro crescita. Le kelp, termine inglese che indica questo tipo di macroalghe, sono costituite da strutture a lamina simili a foglie, da un fusto allungato, detto “stipite” e da una struttura simile ad una radice che le ancora al fondale. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, esse si sviluppano tra le regioni subpolari e l’isoterma dei 20°C in estate, occupando quindi le aree del mondo complementari a quelle occupate dai reef. 

In condizioni ottimali, le kelp giganti possono crescere verticalmente anche di 30-60 cm al giorno e presentano un elevato turn-over: rispetto alle foreste terrestri, che raggiungono i 30 m di altezza in circa 30 anni, le alghe brune arrivano a tali numeri dopo circa 3 anni, ma hanno una longevità massima di 25 anni.

Foto di Caleb Kastein via Unsplash

Il ciclo vitale di queste alghe è costituito da due fasi e vede l’alternarsi di due generazioni distinte, una diploide (con un numero di cromosomi pari a 2n) e una aploide, cioè con un numero di cromosomi dimezzati (n). L’organismo diploide, che prende il nome di sporofito, produce delle spore che formeranno la generazione aploide, ovvero il gametofito. Alcune cellule specializzate del gametofito, fondendosi nell’atto sessuale, daranno vita ad un organismo avente il doppio dei cromosomi, ripristinando quindi l’assetto diploide. La fase prevalente del ciclo è la fase sporofitica, mentre il gametofito presenta dimensioni ridotte.

QUALI SONO I BENEFICI GENERATI DA QUESTI ECOSISTEMI?
  • Sono hotspot di biodiversità 

Oltre alle alghe brune, definite ecosystem engineers proprio perché strutturanti questo ecosistema, le foreste ospitano un’enorme quantità di specie. La biodiversità si riparte in tre zone principali: la superficie delle fronde, la colonna d’acqua fra le alghe e il substrato. Le strutture basali delle kelp consentono l’insediamento di vermi policheti, gasteropodi, echinodermi e crostacei; le fronde sono colonizzate da organismi epifiti, cioè alghe microscopiche che crescono su altre alghe e che le utilizzano come supporto per il loro sviluppo.

Questi ecosistemi sono aree di nursery e foraggiamento per moltissimi animali: le balene grigie e i leoni marini, per esempio, le utilizzano come rifugio dai predatori. Un altro mammifero marino presente in queste foreste sommerse è la lontra, che svolge un ruolo chiave nel mantenimento dell’equilibrio. Le lontre, infatti, si cibano di ricci di mare che, a loro volta, si cibano di laminarie. Un buon numero di lontre riduce il pascolo da parte dei ricci e stabilizza il sistema, evitando che la dominanza di questi echinodermi riduca il fondale ad un deserto biologico. Il giusto equilibrio fa sì che i ricci si cibino della biomassa algale in eccesso, che altrimenti soffocherebbe il fondale.

Lontra marina, costa occidentale del Nord America- foto via Dreamstime

  • Sequestrano CO₂ in modo efficiente

Tutte le alghe, con la fotosintesi, sequestrano grandi quantità di carbonio, ma le kelp possiedono una marcia in più per la lotta ai cambiamenti climatici. Le laminarie sono infatti caratterizzate dalla presenza di vescicole gassose che le aiutano a galleggiare verso la superficie e che consentono loro di ricevere più luce. Quando un frammento di kelp si stacca dalla fronda, esso continua a galleggiare e viene trasportato lontano dalle correnti.  Una volta arrivato in mare aperto, le vescicole scoppiano e il drift-kelp sprofonda, sequestrando il carbonio lontano dall’atmosfera per secoli. Il processo fa sì che l’alga si depositi sul fondale oceanico molto più distante dalla costa, dove invece l’immagazzinamento di CO₂ sarebbe più facilmente disturbato dalle attività umane o dalle tempeste.

Dettaglio delle vescicole gassose- foto di Kirill Koval via Shutterstock

  • Influenzano la morfologia delle coste

Le grandi dimensioni delle alghe e l’elevato numero di individui fanno sì che le foreste di kelp modifichino il flusso delle correnti oceaniche e che ne attenuino l’impatto sulle coste. Inoltre, stabilizzano il fondale, permettendo l’insediamento di larve.

  • Forniscono utili composti biologici

Le kelp contengono nella parete delle loro cellule un importante polisaccaride, l’acido alginico, che trova ampio uso nell’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica. Esso viene utilizzato come gelificante o come integratore e, nella cucina orientale, specialmente in quella giapponese, il kelp viene usato come condimento in numerose ricette. Viene inoltre impiegato per la produzione di alcuni farmaci per disturbi allo stomaco e ipotiroidismo. 

Foto di Viktor Kochetkov via Shutterstock

Questi ecosistemi sono importantissimi dal punto di vista biologico, ecologico ed economico, ma purtroppo i cambiamenti climatici e l’over-fishing li stanno minacciando seriamente. La rimozione dei predatori apicali da parte dell’uomo ha fatto sì che gli erbivori proliferassero, deforestando intere aree: senza più la protezione delle macroalghe, numerosi pesci hanno diminuito il loro tasso riproduttivo e animali come le aquile di mare hanno incontrato difficoltà nella ricerca delle prede.  Nel 1768 i commercianti europei uccisero l’ultima ritina di Steller, un sirenide simile ad un lamantino, che contribuiva a mantenere le foreste in buona salute e competeva con i ricci di mare per il pascolo delle kelp: con la scomparsa di questo grande mammifero marino, i ricci non hanno quasi più avuto competizione per il cibo. 

Le forti ondate di calore degli ultimi anni hanno causato la scomparsa di vaste aree di foresta: uno studio pubblicato su Science ha messo in luce che, in circa due anni, il 90% delle foreste della costa occidentale australiana è sparito, sostituito da specie tropicali che ne hanno impedito la ricrescita. Questo dato è allarmante, non solo dal punto di vista ecologico, ma anche per le ripercussioni economiche: solo in Australia questo ecosistema supporta la maggior parte delle attività di pesca di molte aree, per un valore di 10 miliardi di dollari.

La situazione attuale è preoccupante, ma abbiamo tempo per cambiare rotta: dobbiamo agire adesso per proteggere questo ecosistema così produttivo e dinamico, ma anche così fragile.

Foto di Brian Yurasits via Unsplash

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
  • Biologia marina-Biodiversità e adattamento degli ecosistemi marini, Roberto Danovaro, ed. UTET
  • http://sitn.hms.harvard.edu/flash/2019/how-kelp-naturally-combats-global-climate-change
  • https://www.focus.it/ambiente/natura/i-ricci-di-mare-viola-e-le-foreste-di-alghe-kelp
  • https://www.tredifarmaceutici.com
  • https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/natura/2016/07/08/ondate-di-calore-devastano-le-foreste-di-kelp-in-australia
  • https://it.ripleybelieves.com/what-is-kelp-forest-8459
  • http://www.biologiamarina.eu
Autrice: Sara Parigi

Sara è volontaria Worldrise e autrice per SeaMag dal 2021. Attualmente è iscritta al terzo anno di Scienze Biologiche presso l’Università di Firenze. Appassionata di cetacei fin da quando era bambina, se fosse un animale marino sarebbe una balenottera, un po’ schiva e introversa, ma anche pacata e razionale.

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