Il ciclo del carbonio regola l’equilibrio del clima sul Pianeta e il mare rappresenta uno degli elementi fondamentali di questo processo: scopriamo di più sul Blue Carbon e sul ruolo degli ecosistemi marini nella mitigazione del cambiamento climatico.
L’intero ecosistema marino occupa un posto importante nel ciclo del carbonio, che è ciò che regola il clima sul Pianeta. Tuttavia, si stima che il 95% dell’oceano sia ancora inesplorato, per cui il ciclo del blue carbon è continuamente studiato per comprenderne meglio il funzionamento. Tutti gli abitanti dell’oceano ne prendono parte, anche i più piccoli microrganismi o le macroalghe. Proprio grazie alle continue ricerche a riguardo, il ruolo delle alghe è negli ultimi tempi stato rivalutato per capire come contribuiscano alla mitigazione del cambiamento climatico.

Foto di Marek Okon via Unsplash
Il ruolo degli oceani nel ciclo del carbonio globale
Con il termine “ciclo del carbonio” si intende l’interscambio dinamico di carbonio che avviene a livello globale tra la geosfera, l’idrosfera, la biosfera e l’atmosfera, attraverso processi chimici, fisici, biologici e geologici, ed è ciò che è alla base dell’equilibrio del clima. Gli oceani rappresentano uno degli elementi centrali di questo processo, che agiscono come serbatoi di carbonio (carbon sinks) capaci sia di assorbire determinate quantità di carbonio, sia di immagazzinarlo per lunghi periodi di tempo. Quanto viene catturato dall’ecosistema marino viene chiamato “carbonio blu” o “blue carbon”, termine coniato nel 2009 dal rapporto dell’UNEP “Blue Carbon. A Rapid Response Assessment”, in cui veniva riconosciuta la funzione cruciale degli oceani nel mantenimento dell’equilibrio climatico. Ad oggi, si stima che senza il contributo degli oceani avremmo in atmosfera una concentrazione di CO2 pari a circa 600 ppm, rispetto al valore di 420 ppm circa raggiunto nel 2021.

Infografica realizzata da Francesca Milano
Il ciclo del Blue Carbon
Il 90% del carbonio presente nei carbon sinks del Pianeta è immagazzinato proprio negli oceani e il ciclo del blue carbon ha inizio nel punto di interfaccia aria-acqua, dove la CO2 presente in atmosfera, essendo solubile in acqua, si dissolve nel mare, in quantità che variano a seconda di condizioni fisico-chimiche quali la temperatura, la salinità e l’alcalinità. Questo scambio di CO2 tra atmosfera e acqua è un processo abiotico caratterizzato da reazioni chimiche da cui si formano i DIC, ossia i composti inorganici di carbonio dissolti, e in cui la CO2 si distribuisce nelle acque attraverso i movimenti delle correnti oceaniche. Tale meccanismo, che è più efficiente alle alte latitudini, dove la temperatura del mare è più fredda e la CO2 è più solubile, consente di rimuovere anidride carbonica dall’atmosfera.
Oltre ai processi chimici, il ciclo del blue carbon comprende anche processi biologici, come quelli della fotosintesi, della calcificazione e della respirazione, dove la CO2 viene catturata e utilizzata, ad esempio, come fonte di crescita per gli organismi, trasportata e immagazzinata. Sono protagonisti di questi meccanismi sia gli organismi marini, compresi i microrganismi come il plancton, i batteri e i virus, che rappresentano ben il 90% della biomassa marina vivente, sia gli habitat come quelli delle mangrovie, delle paludi salmastre e dei sargassi. Questi ultimi, sebbene coprano meno dello 0,5% dei fondali marini e rappresentino solo lo 0,05% della biomassa del Pianeta, immagazzinano più del 50% del carbonio. Il carbonio così catturato sotto forma di biomassa raggiunge in seguito i fondali marini come detrito, dove può rimanere stoccato anche per millenni nei sedimenti e nelle rocce oceaniche, molto più di quanto avvenga nelle foreste, in cui il carbonio rimane immagazzinato “solo” per decenni e secoli.

Le mangrovie, che immagazzinano carbonio blu nelle loro radici, svolgono un importante servizio ecosistemico di regolazione – Foto di Timothy K via Unsplash
Come le alghe contribuiscono alla mitigazione del cambiamento climatico…
L’ecosistema marino è davvero vastissimo e complesso, caratterizzato da innumerevoli relazioni e specie, di cui conosciamo solo una piccola parte. Anche il suo ruolo all’interno del ciclo del carbonio continua quindi ad essere oggetto di ricerca. Non stupisce perciò sapere che da qualche tempo è stato rivalutato il ruolo che le alghe, finora poco considerate, hanno per l’equilibrio del clima. Le alghe, così spesso detestate dai bagnanti perché invadono le spiagge, sono organismi vegetali autotrofi, unicellulari o pluricellulari, che svolgono un’azione di fotosintesi attraverso cui viene assorbita CO2 per produrre energia e ossigeno. In base alla dimensione si distinguono in macroalghe, visibili ad occhio nudo, e microalghe, osservabili al microscopio.
Tra le macroalghe, una funzione rilevante svolge il kelp che si distingue per essere a rapida crescita (fino a 13 mm al giorno) e di cui esistono diverse specie. Cresce in gruppi, noti come “foreste di kelp”, nelle regioni costiere temperate e polari e si tratta di uno degli ecosistemi più produttivi al mondo, rappresentando habitat vitali per numerose specie e offrendo protezione agli ambienti costieri, smorzando gli effetti delle onde e prevenendo fenomeni di erosione. Questa alga, utilizzando la CO2 per la fotosintesi, contribuisce al suo assorbimento dall’atmosfera e immagazzina il carbonio sotto forma di biomassa. Inoltre, nel momento in cui diventa detrito, viene trasportata sul fondo marino, permettendo così di stoccare il carbonio per un lungo periodo, lontano dalle coste e da fenomeni di erosione, evitando così il rischio che si liberi nuovamente in atmosfera.
Oltre alle macroalghe, anche le microalghe offrono un importante contributo alla mitigazione del cambiamento climatico. Si tratta di organismi eucarioti e fotoautotrofi che, così come le macroalghe, attraverso la fotosintesi assorbono anidride carbonica dall’atmosfera. Tale azione di fotosintesi può contribuire a mitigare il riscaldamento globale e diverse ricerche mirano a sviluppare dei fotobioreattori che sfruttino questo processo naturale, in cui si produce e coltiva biomassa dalle microalghe, utilizzando, in particolare, l’anidride carbonica proveniente dai gas delle centrali elettriche e attività industriali.

Infografica realizzata da Francesca Milano
… ma troppe alghe danneggiano l’ecosistema blu
Se da un lato le alghe rappresentano un beneficio per l’equilibrio del clima, dall’altro se presenti in modo eccessivo possono danneggiare l’ecosistema marino. Sono, infatti, responsabili delle cosiddette fioriture algali, “Harmful algal blooms” (HAB), fenomeni causati da alcuni organismi, come fitoplancton, cianobatteri, alghe bentoniche e macroalghe, che in particolari condizioni crescono in modo incontrollato, modificando la natura degli habitat. Le fioriture algali sono avvenimenti naturali, ma la loro frequenza sta aumentando per cause antropiche, tra cui il cambiamento climatico e l’incremento di nutrienti quali fosforo e azoto, che agiscono come un fertilizzante per le alghe, accelerandone la crescita. In particolare, l’aumento di questi elementi nei mari (fenomeno noto anche come eutrofizzazione), è principalmente dovuto all’attività agricola, agli scarichi di reflui e all’uso di detersivi.
Talvolta le fioriture algali sono accompagnate dalla produzione di tossine, che possono danneggiare le specie marine e la salute umana: basti pensare che delle 10.000 specie di fitoplancton conosciute, circa 200 sono in effetti tossiche. Nei casi in cui le alghe non siano nocive, la loro diffusa presenza può causare fenomeni di anossia, ossia una carenza di ossigeno nociva per la vita delle specie marine.

Eutrofizzazione nel mar Baltico – foto via ocean4future.org
I cambiamenti climatici possono ridurre il contributo degli oceani all’assorbimento di CO2
Gli oceani contribuiscono in modo essenziale alla regolazione del clima della Terra e al raggiungimento degli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico, forse in misura anche maggiore rispetto a quanto si sappia oggi. Tuttavia, la stessa capacità di assorbimento di CO2 è influenzata dai cambiamenti climatici, che alterano i parametri fisici e chimici degli oceani e le caratteristiche degli habitat. Ad esempio, l’aumento della temperatura dei mari non favorisce l’assorbimento di anidride carbonica, che risulta meno solubile nelle acque calde; le perturbazioni degli habitat, indotte anche dalle attività antropiche, influenzano le attività metaboliche degli organismi marini, modificando anche la loro capacità di immagazzinare carbonio.

Biodiversità del Mare Nostrum via Canva
Conoscere in modo approfondito come avviene il ciclo del blue carbon, sapere quali sono gli organismi che partecipano e come contribuiscono, è importante per essere consapevoli di come potrà variare in futuro il contributo dell’ecosistema blu alla regolazione del clima.
Bibliografia:
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- https://www.eni.com/it-IT/attivita/microalghe-bio-carburante.html
- Nellemann, C., Corcoran, E., Duarte, C. M., Valdés, L., De Young, C., Fonseca, L., Grimsditch, G. (Eds). 2009. Blue Carbon. A Rapid Response Assessment. United Nations Environment Programme, GRID-Arendal, www.grida.no
- https://hab.ioc-unesco.org/what-are-harmful-algae/#one
- https://www.noaa.gov/what-is-harmful-algal-bloom
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- https://marevivo.it/approfondimenti/quante-specie-vivono-nelloceano/