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Un approfondimento sulla storia e le caratteristiche delle Aree Marine Protette in Italia.

Il 71% della superficie del globo è occupata da acqua salata: la componente marina è essenziale alla vita del pianeta. In diverse regioni del mondo, le prime aree marine protette (AMP) sono state istituite solo a partire dagli anni ’70 e meno dell’1% della superficie salata del pianeta risulta attualmente sotto una protezione giuridica. La distribuzione delle aree marine protette (AMP) non è omogenea, ma varia considerevolmente da Stato a Stato, da regione a regione. Per la precisione, la maggior parte delle aree marine protette sorge in una fascia compresa tra le 3 e 12 miglia dalla costa (1 miglio nautico equivale a 1,852 km). Le AMP rivestono un ruolo fondamentale per conservare la biodiversità marina, per tutelare le coste e per promuovere lo sviluppo sostenibile nelle comunità locali attraverso il sostegno all’economia e la valorizzazione turistica e commerciale del territorio e delle sue produzioni tipiche. Le AMP sono da considerarsi quindi come uno “strumento” e non come un fine (“a tool, not an end in themselves”) per la tutela dell’ambiente marino. 

Aree Marine Protette_Worldrise

Foto di Laura Mor by Pexels

La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) firmata a Montego Bay il 10 dicembre del 1982 viene spesso definita la “Costituzione degli oceani”, in quanto è lo strumento fondamentale a cui deve fare riferimento l’attuale sistema di diritto internazionale del mare. Tale Convenzione ha avuto un enorme successo, ed è la base di moltissimi Stati quando si parla di tutela dell’ambiente marino. 

Cosa è una area marina protetta?

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare definisce le Aree Marine Protette come “aree marino-costiere, geograficamente individuate e definite, giuridicamente sottoposte ad un regime di protezione dovuto alle loro valenze ambientali e storico-culturali. Sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicenti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Possono essere anche costituiti da un ambiente marino avente rilevante valore storico, archeologico-ambientale e culturale”.

Quali sono le sue funzioni principali?
  • Protezione dei valori biologici ed ecologici: questo è lo scopo principale dell’istituzione di un’Area Protetta Marina e comprende il mantenimento di:
    • diversità genetica attraverso la protezione degli habitat di specie, sottospecie e varietà, stanziali e migratrici, commerciali e no, minacciate e comuni, animali e piante.
    • aree di riproduzione, specialmente per specie minacciate o commerciali.
    • aree di alta produttività biologica.
    • processi ecologici.
  • Promozione dell’uso sostenibile delle risorse, con particolare riguardo per quelle che sono state sovra o sottoutilizzate.
  • Monitoraggio, ricerca, educazione ed addestramento per approfondire le conoscenze sull’ambiente marino.
  • Ripristino, mantenimento ed incremento dei valori biologici ed ecologici che sono stati ridotti o, comunque, perturbati da attività umane.
  • Forme di ricreazione e turismo compatibili dal punto di vista ambientale.
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Foto di Rachel Claire by Pexels

Come sono strutturate le Aree Marine Protette?

Le Aree Marine Protette generalmente sono suddivise al loro interno in diverse tipologie di zone denominate A, B e C (alcune aree marine protette possono avere anche ulteriori zone) con l’intento di assicurare la massima protezione alle zone di maggior valore ambientale, che ricadono nelle zone di riserva integrale (zona A), applicando in modo rigoroso i vincoli stabiliti dalla legge.

Con le zone B e C, considerate come zone “cuscinetto”, si vuole assicurare una gradualità di protezione attuando coniugando la conservazione dei valori ambientali con la fruizione ed uso sostenibile dell’ambiente marino. Le tre tipologie di zone sono delimitate da coordinate geografiche e riportate nella cartografia di ogni singola area marina protetta.

Zona A, di riserva integrale, interdetta a tutte le attività che possano arrecare danno o disturbo all’ambiente marino. La zona A è il vero cuore della riserva. In tale zona, individuata in ambiti ridotti, sono consentite in genere unicamente le attività di ricerca scientifica e le attività di servizio.

Zona B, di riserva generale, dove sono consentite, spesso regolamentate e autorizzate dall’organismo di gestione, una serie di attività che, pur concedendo una fruizione ed uso sostenibile dell’ambiente influiscono con il minor impatto possibile. Anche le zone B di solito non sono molto estese.

Zona C, di riserva parziale, che rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori esterni all’area marina protetta, dove sono consentite e regolamentate dall’organismo di gestione, oltre a quanto già consentito nelle altre zone, le attività di fruizione ed uso sostenibile del mare di modesto impatto ambientale. La maggior estensione dell’area marina protetta in genere ricade in zona C.

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Foto di Daniel Torobekov by Pexels

Aree Marine Protette in Italia

Le aree marine protette italiane sono nate recentemente, in seguito dell’emanazione della legge del 31 dicembre 1982, la n° 979,  grazie alla quale le AMP nazionali iniziano ad essere viste come “lo strumento principale” per la tutela e conservazione dell’ambiente marino, in tutte le sue forme.

All’inizio degli anni Novanta il quadro normativo italiano in materia viene ulteriormente arricchito dall’approvazione della Legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394 sulle Aree Marine Protette, la quale   stabilisce le finalità principali che la gestione delle aree marine protette si prefigge di conseguire e, in particolare:

  • la conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di valori scenici o panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici, idrogeologici ed ecologici.
  • l’applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un’integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e tradizionali.
  • la promozione di attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili.
  • la difesa e ricostruzione degli equilibri idraulici e idrologici.

Con il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, del 27 aprile 2010, in Italia risultato istituite ad oggi:

  • 27 aree marine protette aventi natura giuridica di riserve naturali marine.
  • 2 parchi marini sommersi (Baia e Gaiola)
  • 1 area marina protetta di interesse internazionale (Santuario per i mammiferi marini, detto “Santuario Pelagos”, istituito tra l’Italia, Francia e Principato di Monaco).

A queste vanno aggiunti 2 parchi nazionali comprendenti anche zone di mare: il Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena e il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, oltre a una serie di parchi regionali comprendenti anche zone di mare prospicienti la costa (Fig.1).

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Foto di Chait Goli by Pexels

“30 per 30”

Con il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, tenutosi a Johannesburg nel 2002, venne adottato il cosiddetto “Piano di attuazione”, che individuava come priorità il tema della gestione dell’Oceano. Obbiettivo di questo piano era quello di istituire una rete globale di AMP entro il 2012. In particolare, fu concluso che questa rete avrebbe dovuto contenere il 20-30% di ciascun habitat marino e costiero. Questo obbiettivo, purtroppo, non è stato ancora raggiunto, ma in occasione della “Giornata mondiale degli oceani”, tenutasi l’8 giugno del 2020, l’Italia ha aderito a #30by30: l’iniziativa lanciata dalla Gran Bretagna che mira a proteggere entro il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani di tutto il mondo. Vi hanno già aderito Belgio, Belize, Costa Rica, Finlandia, Gabon, Kenya, Palau, Portogallo, Seychelles, Vanuatu, Nigeria e Svezia. Appena l’1,27% del Mediterraneo è effettivamente protetto mentre i maggiori scienziati del mondo concordano sul fatto che almeno il 30% del mare dovrebbe essere tutelato. Le analisi economiche del WWF 2020 mostrano che tutti i sette principali settori marittimi – dal trasporto marittimo all’acquacoltura, dalla nautica da diporto alla pesca ricreativa e su piccola scala – si basano o competono su aree marine chiave, lasciandole in uno stato di grave esaurimento. L’Italia è uno dei paesi più ricchi in Europa e nel Mediterraneo in termini di biodiversità anche marina che forniscono un capitale naturale elevatissimo. 

Questo immenso patrimonio nell’ultimo secolo è stato aggredito dall’inquinamento, dal cambiamento climatico, dalla speculazione edilizia e della sovrappesca. Per questi ed altri motivi risulta quindi necessaria la sua protezione che avviene prima di tutto con una buona divulgazione relativa alle specificità di questi luoghi. Le Aree Marine Protette infatti funzionano solo se tutti sono informati e hanno la possibilità di contribuire alla rigenerazione dell’area.

Noi di Worldrise a Novembre 2020 abbiamo lanciato la campagna “30×30 Italia” con la quale contribuiamo allo sforzo internazionale indirizzato alla protezione di almeno il 30% dei mari italiani entro il 2030. Inoltre puoi scegliere di sostenere la ricerca Adottando un ricercatore, dandoci così la possibilità di formare i nuovi custodi del mare, e il progetto Full Immersion AMP  la cui mission è quella di valorizzare le ricchezze ambientali delle Aree Marine Protette attraverso attività di educazione e ricerca.

Autore: Worldrise Onlus – Edoardo Batistini

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