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L'eccessivo, e talvolta non regolato, prelievo delle risorse ittiche è in costante aumento e mette a rischio la salute del mare. Le Aree Marine Protette sono uno strumento importante per proteggere l’ecosistema marino e tutelarne la biodiversità.

Life below water: conservare oceani e mari 

Il 14° obiettivo tra i 17 Sustainable Development Goals definiti dall’Agenda 2030 dell’ONU, intitolato “Life below water”, è dedicato al mare e, più in generale, agli ecosistemi acquatici, con il fine di “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”. In quest’ottica, una delle pressioni antropiche che maggiormente colpisce questi ecosistemi è lo sfruttamento delle risorse ittiche, che avviene in modo eccessivo, spesso non regolato e superando le condizioni di sostenibilità biologica. In generale, si parla di sovrasfruttamento delle risorse naturali quando non si rispettano i tempi della natura e il tasso di prelievo supera quello di rigenerazione, con conseguenti alterazioni dell’equilibrio dell’ecosistema, depauperamento e perdita di biodiversità.

SDG14 – Vita sott’acqua

Il sovrasfruttamento delle risorse ittiche è in aumento dal 1974

Dal 1974 si è assistito, a livello globale, ad un drastico peggioramento delle condizioni di sostenibilità biologica, a causa dello sfruttamento delle risorse ittiche. Secondo il Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite, l’Italia è il peggiore tra i Paesi europei e del G20 (escluso il Giappone) per la quota di pesce prelevato da stock ittici collassati o sovrasfruttati. Diversi indicatori mostrano la criticità della situazione: dal 2015 al 2018 gli stock ittici in sovrasfruttamento hanno raggiunto il 92,7%, un livello più critico di quello europeo, pari al 43,1%, mentre dal 2013 la consistenza dell’attività di pesca secondo l’indice CPUE, ovvero lo sforzo di cattura per unità, una misura indiretta dell’abbondanza di una specie bersaglio, è aumentata costantemente (+44,4%).

Le Aree Marine Protette: uno strumento per proteggere i mari

Dei 5 target specifici del goal 14, uno è dedicato alla regolamentazione della pesca, al fine di ridurre quella eccessiva e porre fine a quella illegale e non dichiarata. In sinergia con questo, agisce il target che riguarda le Aree Marine Protette (AMP), ambienti che rivestono una grande importanza naturalistica, in virtù di peculiari caratteristiche geomorfologiche, fisiche, ecologiche, scientifiche e culturali. In queste Aree, in cui la biodiversità viene protetta in un’ottica di sviluppo sostenibile, è inibita e/o ridotta la possibilità di praticare l’attività della pesca e nel 2015 l’ONU si è posta l’obiettivo di proteggere almeno il 10% delle zone costiere e marine entro il 2030, in parallelo con la Strategia Europea per la Biodiversità che intende arrivare a proteggerne il 30%. Secondo i dati dell’EEA, l’Agenzia europea dell’ambiente, l’UE ad oggi protegge il 12% delle aree marine e costiere, con solo l’1,7% in Italia nel 2019: una percentuale bassa per un Paese con una considerevole lunghezza delle coste.

Brochure AMP Worldrise 2

Le AMP in Italia

Ad oggi in Italia si contano 29 AMP e parchi sommersi, per un totale di 228 mila ettari di mare e 700 km di costa protetti. Nelle AMP italiane vigono diverse restrizioni sullo svolgimento delle attività antropiche, al fine di proteggere il patrimonio naturalistico dell’area, che viene suddivisa in tre zone, A,B e C, secondo diversi livelli di tutela. Nella zona A, quella più restrittiva, è vietata qualsiasi tipo di attività diversa dalla ricerca scientifica, mentre nelle B e C è possibile transitare, ma la pesca è limitata.

La prima AMP al mondo è di origine americana

Nonostante il mare ricopra più del 70% del Pianeta, le aree protette marine sono state istituite solo dopo quelle terrestri, a partire dagli Stati Uniti. Nel 1903, infatti, Theodore Roosevelt diede vita alla prima AMP attorno a Pelican Island, in Florida, mentre dovremo attendere il 1986 per vederne una in Italia: la prima Area Marina Protetta italiana istituita è quella del parco marino di Miramare, a Trieste. Negli anni 90, grazie a convenzioni e accordi internazionali in materia di ambiente e di clima, si sono poi diffuse altre aree protette. Dal 2000 ad oggi si è passati da tutelare lo 0,8% al 7,68% dell’oceano, creando circa 15.000 AMP, ma risulta che solo il 2,7% del totale abbia una protezione di livello alto, con interdizione di tutte le attività. Più critica è la situazione delle acque internazionali, che risultano protette solo per l’1,18%, essendo più difficile istituire delle AMP nell’Alto Mare, a causa del complesso quadro legislativo.

L’Area Marina Protetta di Miramare – foto via ampmiramare.it

La campagna 30×30 di Worldrise

Le Aree Marine Protette (AMP) sono il miglior strumento per tutelare la biodiversità del mare e proteggere le sue risorse e Worldrise, proprio per favorire l’istituzione di queste aree, ha lanciato la campagna 30X30 Italia: un percorso nazionale che si inserisce all’interno di un contesto internazionale, con l’obiettivo di proteggere, attraverso l’istituzione di Aree Marine Protette (AMP), almeno il 30% dei mari italiani entro il 2030. La campagna 30×30, con una durata di 10 anni, si articola in 30 sotto obiettivi strategici e, collaborando con cittadini e istituzioni, intende comunicare le ricchezze del mare, sensibilizzare sull’importanza della sua protezione e far adottare dall’Italia il target del 30×30 all’interno della Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica, facendo in modo che il Paese possa essere promotore di questo impegno all’interno delle Comunità Europea.

Bibliografia:
Autrice: Graziella Pillari
Graziella è consulente ambientale e scrive per il magazine SeaMag di Worldrise, unendo la passione per l’ambiente alla scrittura. 
Se fosse un animale marino sarebbe un pesce pagliaccio, che vive nella coloratissima barriera corallina. 

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