L'associazione Me.Ri.S. Mediterraneo Ricerca e Sviluppo, sostenitrice della campagna 30x30 Italia di Worldrise per la protezione del 30% dei mari italiani entro il 2030, racconta l'importanza della ricerca e dell'esplorazione per la tutela del Pianeta Blu.
“Solo se capiamo, ci interesseremo. Solo se ci interessiamo, aiuteremo. Solo se aiutiamo, tutto sarà salvato” – Jane Goodall
Queste parole dell’etologa britannica Jane Goodall ci spingono a riflettere sull’importantissimo ruolo della conoscenza nella conservazione e ciò che dice è quantomai vero: solo ciò che si conosce, e quindi si comprende, attira l’attenzione e spinge all’impegno. Ma come facciamo a conoscere e comprendere ciò che succede nella natura e nelle apparentemente irraggiungibili vastità del mare? La risposta, semplice ma non scontata, risiede nella ricerca e nell’esplorazione. Ecco cosa si trova al cuore della missione di Me.Ri.S., la necessità di sapere di più, di raccogliere nuove informazioni, di scoprire i segreti di alcuni degli abitanti più affascinanti e carismatici dei mari: i cetacei.
Associazione Me.Ri.S. Mediterraneo Ricerca e Sviluppo nasce nel 2012 ad Agrigento, sulla costa sud-occidentale della Sicilia, con lo scopo di esplorare una zona fino ad allora mai monitorata, alla ricerca di questi giganti del mare.
Ma perché proprio i cetacei?
Certo, il fascino di questi animali è innegabile, ma è altrettanto vero che la loro presenza è importantissima per i nostri mari. I cetacei più grandi, come balene e capodogli, fertilizzano le acque con le loro feci, contribuendo così alla produzione di più ossigeno da parte del fitoplancton, microscopiche alghe che galleggiano sulla superficie. Molti altri cetacei, invece, fanno parte dei cosiddetti top predators, predatori importantissimi nel loro habitat, perché hanno il compito di mantenere in equilibrio l’intera rete alimentare. Tutti i cetacei, inoltre, sono fortemente minacciati dalle attività che l’uomo svolge in mare: traffico nautico, inquinamento chimico e acustico, catture accidentali nelle reti da pesca sono solo alcune delle sfide che questi giganti si trovano a dover affrontare ogni giorno. Se a tutto ciò si aggiunge anche il cattivo stato di conservazione di molte di queste specie, appare evidente perché sia importante studiarli e proteggerli.
Ovviamente, fare ricerca in una zona inesplorata porta con sé alcune domande a cui è necessario dare una risposta.
Quali specie si trovano nell’area?
Per rispondere a questo primo e fondamentale quesito, che permette di strutturare la ricerca considerando le abitudini delle specie da studiare, Me.Ri.S. ha coinvolto la popolazione locale in un progetto di citizen science. Ai cittadini era richiesto, in forma volontaria, di segnalare qualsiasi incontro di cetacei, in mare o spiaggiati, supportando l’avvistamento con prove video, per permettere agli esperti di identificare la specie. Così, con le segnalazioni raccolte dal 2012 al 2016, si è scoperto che la specie più frequente nelle acque agrigentine è il tursiope, un delfino dalle abitudini costiere protetto da diverse norme nazionali ed europee.
Quale tecnica di studio scegliere?
Esistono diverse tecniche, più o meno invasive, per studiare i cetacei, ognuna delle quali fornisce informazioni diverse: è importante, quindi, scegliere quale metodo di studio utilizzare sulla base del tipo di ricerca che si vuole condurre. Una delle più utilizzate e meno invasive è la foto-identificazione, che consiste nel fotografare gli animali ed utilizzare dei segni presenti sul loro corpo per riconoscerli.
Me.Ri.S. ha iniziato i suoi monitoraggi nel 2016, applicando questa tecnica per costruire un catalogo dei delfini presenti nella provincia di Agrigento. Questo permette di capire molte cose sulla popolazione, ad esempio quanto è numerosa, se è in declino, stabile o in crescita e come è strutturata la società; il tutto senza disturbare troppo gli animali. Se si seguono particolari accorgimenti nell’avvicinarsi con l’imbarcazione, infatti, gli animali non mostrano alcun segno di disturbo in risposta alla presenza dei ricercatori che li fotografano.
Dove si trovano gli animali?
L’unico modo per rispondere a questo quesito è andare sul campo, monitorare il più possibile e mappare ogni incontro. È ovviamente necessaria un’imbarcazione, e ciò ci porta subito alla domanda successiva: come finanziare le attività? Questa è senza dubbio una delle maggiori sfide che una organizzazione no-profit deve affrontare per portare avanti un’attività di ricerca. Le donazioni di volontari e cittadini interessati rappresentano un supporto fondamentale, ma non possono essere sufficienti a coprire tutte le spese legate ai monitoraggi in mare: è qui che entrano in gioco bandi e concorsi indetti da enti o società private, che possono dare un importante contributo economico. Ad esempio, nel 2020 Me.Ri.S. ha ricevuto il sostegno di Lush Italia tramite l’iniziativa Lush Charity Pot, mentre nel 2021 ha potuto contare sul sostegno di due diverse aziende: Sealvia beachwear, che devolve il 5% dei suoi ricavati, e Yves Rocher Italia tramite la vincita del secondo posto al premio Terre de Femmes.
Come sensibilizzare il pubblico?
Altro punto importantissimo perché le attività di ricerca abbiano effetto è, ovviamente, coinvolgere il pubblico e divulgare. La divulgazione, oggi, può passare tramite molti canali, come internet, i social media o la partecipazione a conferenze e convegni, ma promuovere la partecipazione attiva del cittadino resta di fondamentale importanza per raggiungere una più attenta sensibilità ambientale. In questo senso, Me.Ri.S. ha deciso di portare avanti due diverse attività: campi settimanali di formazione rivolti a studenti universitari e a chi voglia accrescere le proprie conoscenze sulla biologia e sul monitoraggio dei cetacei, e “Ricercatore per un giorno”, programma che consente a chiunque di trascorrere una giornata di monitoraggio a bordo con i ricercatori Me.Ri.S.
Alla scoperta dell’inesplorato
Dopo sei anni di monitoraggio, ecco alcuni dei risultati delle nostre ricerche: le acque di Agrigento ospitano una popolazione, apparentemente in crescita, di circa 80 delfini della specie tursiope; tra il 2016 e il 2019 sono state identificate 24 femmine riproduttive e si sono verificate 28 nascite. Solo l’11% di questi delfini, però, risulta residente, il che significa che il loro habitat si estende verso zone non ancora monitorate. Inoltre, i delfini sembrano essersi specializzati nella caccia con i pescherecci: nell’80% degli avvistamenti, i tursiopi sono stati osservati mentre mangiavano nei dintorni delle reti trainate dai pescherecci, attività molto sviluppata nella zona.
La ricerca è un nodo fondamentale della catena che porta alla protezione degli animali e del loro habitat: ci permette, infatti, di individuare le zone più vulnerabili che necessitano di un intervento per tutelarne la biodiversità. Ecco perché, per salvare il nostro mare, è importantissimo andare sul campo ed esplorare!
Chiunque può contribuire alla missione di protezione di Me.Ri.S., partecipando alle attività o donando. Per maggiori informazioni: www.merisresearch.com – info.meris@gmail.com